La vicenda giudiziaria di Alberto Stasi sembrava essersi conclusa un anno fa, con la condanna definitiva a 16 anni di reclusione, dopo due assoluzioni, e la detenzione nel carcere di Bollate. Ma una rivelazione del Corriere della Sera induce a pensare che uno dei casi giudiziari più discussi e controversi della recente storia italiana possa riaprirsi. Una nuova perizia di parte, condotta da un genetista e una società di investigazioni milanese, avrebbe trovato e isolato sotto le unghie di Chiara Poggi un profilo di Dna non appartenente ad Alberto Stasi. Si tratterebbe di una persona di sesso maschile, probabilmente un conoscente della giovane che venne uccisa a Garlasco la mattina del 13 agosto 2007, in casa sua, quando aveva ancora 26 anni.
La madre di Stasi, Elisabetta Ligabò, ha annunciato che chiederà la riapertura del processo, sulla scorta di una prova che appare quanto mai determinante. Al Corriere la donna ha dichiarato: «Non ho fatto che ripeterlo e finalmente ne ho la conferma. Mai e poi mai Alberto avrebbe potuto uccidere Chiara. Si amavano e avevano progetti in comune». Aggiungendo anche: «Credo sia giusto e sacrosanto che mio figlio esca dal carcere. Al più presto. Alberto e io abbiamo già atteso e sofferto troppo. Troppo».
Il tormentatissimo iter giudiziario, abbondantemente discusso, come di consueto, nelle trasmissioni televisive, aveva spaccato il Paese tra colpevoli e innocentisti. Al processo principale se ne sono, negli anni, affiancati altri che hanno contribuito a delineare un quadro molto complesso della vicenda. A 9 anni dalla morte della giovane, indipendentemente dalle sentenze, una verità certa ed indiscutibile sembra non esserci. E la rivelazione del Corriere lascia presagire che questa storia sia tutt’altro che conclusa.