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Delitto di Cogne: la Franzoni lavorerà fuori dal carcere

di Giulia Di Stefano11 Ottobre 2013
11 Ottobre 2013

franzoniAnna Maria Franzoni, condannata per l’omicidio del figlio di 3 anni, Samuele Lorenzi, d’ora in poi potrà uscire mezza giornata dal penitenziario bolognese, nel quale è reclusa da cinque anni, per lavorare in una cooperativa esterna. La responsabile dell’omicidio che ha catalizzato per anni l’interesse dei media nazionali, il delitto di Cogne del 30 gennaio 2002, era stata dichiarata colpevole in via definitiva a 16 anni dalla Corte di Cassazione nel maggio 2008.

Al lavoro nella sartoria. L’autorizzazione al lavoro esterno, disciplinato dall’articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, sarebbe arrivata lunedì scorso. La cooperativa presso la quale la Franzoni sta prestando servizio è “Siamo qua”, un laboratorio artigianale di sartoria che, oltre ad essere presente all’interno del carcere di Bologna, ha anche una sede esterna nella vicina parrocchia di Sant’Antonio di Padova a La Dozza. Secondo quanto riferito da fonti Ansa, chi ha visto la detenuta al lavoro l’ha definita “molto contenta” della nuova attività, che svolge nel corso del pomeriggio.

Un processo mediatico. Un delitto efferato, la scena del crimine irreparabilmente alterata, l’arma del delitto mai ritrovata e una madre che si dichiara ancora oggi innocente ed ha sempre potuto contare sul supporto del marito e dei famigliari.
Anche il parroco ed i parrocchiani di Ripoli Santa Cristina, il paese dove si era trasferita, quella sera del maggio 2008, quando i Carabinieri la andarono a prelevare per eseguire la condanna della Cassazione, si opposero strenuamente alla sua cattura.
Il piccolo Samuele fu colpito 17 volte con un oggetto contundente, forse un candelabro di rame, che però non è mai stato reperito dagli inquirenti. La villetta di Cogne, dove quella mattina del 2002 si consumò l’infanticidio, fu subito presa d’assalto dai soccorritori e dai media: la maggior parte delle tracce presenti furono contaminate, alterando in maniera irrimediabile le perizie. E poi quella telefonata di Anna Maria al 118, che chiedeva aiuto per il figlio, andata in onda sulle nostre televisioni innumerevoli volte: la stessa Franzoni rilasciò moltissime interviste ai giornali e partecipò a trasmissioni come Porta a Porta e Maurizio Costanzo Show. Quel volto di madre, impenetrabile tra il dolore per la perdita del figlio e la freddezza con cui riusciva a ribattere alle accuse in diretta tv, rimase impresso agli italiani che si divisero, e si dividono ancora oggi, tra colpevolisti e sostenitori dell’innocenza della donna.

Giulia Di Stefano

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