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Delitto di Brembate, arrestato il presunto assassino di Yara, ha 44 anni e tre figli. Polemica tra la procura e il ministro Alfano

di Silvia Renda17 Giugno 2014
17 Giugno 2014

yara_gambirasio_01“È stato individuato l’assassino di Yara Gambirasio”. La dichiarazione del ministro dell’Interno Angelino Alfano, a quattro anni di distanza dalla scomparsa della tredicenne di Brembate di Sopra, è arrivata nel pomeriggio di ieri, in conferenza stampa. Il presunto killer risponderebbe al nome di Massimo Giuseppe Bossetti. Un annuncio che in genere non sarebbe di competenza di una così alta carica istituzionale. Ma il caso di Yara sin dall’inizio ha visto muoversi personaggi importanti, dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, all’ex capo della polizia Antonio Manganelli, che avevano promesso ai genitori della piccola ginnasta di trovare il suo assassino. Una storia che aveva sconvolto il paese e occupato quotidianamente i salotti dei talk dove la cronaca nera la fa da padrona, uno spazio così grande dovuto al rifiuto dell’idea che ci si potesse essere accaniti in maniera così brutale su una ragazzina. E la vicenda assume tratti ancora più macabri adesso che il suo assassino pare avere un volto. Perché Bossetti ha 44 anni, perché ha una moglie, perché ha tre figli. Intanto, sulle modalità con cui è stata diffusa la notizia si apre una polemica tra la procura e il ministro dell’ Interno. ”Non c’è nessuna polemica, ma questa situazione non mi è piaciuta”. Il procuratore di Bergamo, Francesco Dettori, interviene così sulla decisione del ministro Angelino Alfano, di rendere pubblica la svolta sul caso di Yara. “Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo – afferma il procuratore – Questo anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza”. Replica il ministro: “In un giorno di grandi successi occorre evitare polemiche, e non sarò io a farle: non avendo dato alcun dettaglio credo che il procuratore di Bergamo non ce l’abbia con me”. “

Le indagini. “Ignoto 1”. A lungo gli inquirenti si sono riferiti a lui con questo nome, attribuito alla traccia di dna trovata sul corpo di Yara. L’unico indizio a disposizione, per un’indagine che è stata condotta e portata a termine soprattutto nei laboratori, passata attraverso l’analisi di 18mila provette di dna. Per quattro anni gli otto detective che si sono occupati del caso non hanno rilasciato dichiarazioni o interviste e hanno continuato a condurre i loro esami. Tra false piste – che hanno portato all’arresto dell’operaio marocchino Mohamed Fikri – ed errori gravi – come lo scambio del dna di Yara con quello dell’assassino.
Sin quando le indagini non hanno subito una svolta. La saliva trovata sul retro di una marca da bollo di una vecchia patente coincideva al 99% con quella dell’Ignoto 1. Era stato trovato il padre dell’assassino. Ma ancora la strada non era in discesa: si trattava, infatti, di Giuseppe Guerinoni, autista di autobus di Gorno, morto nel ‘99 e i cui figli legittimi non avevano un profilo genetico che coincidesse con l’Ignoto 1.
Ma a questo punto il cerchio si è iniziato a stringere attorno a Bossetti, che di Gerinoni era il figlio segreto. Sino a quando ieri non è stato arrestato a tre chilometri da dove era stato commesso il delitto.

Il delitto. Era il 26 novembre 2010 quando di Yara Gambirasio si sono perse le tracce. La ragazzina stava facendo ritorno dalla palestra, ma a casa, a Brembate di Sopra, non c’è mai arrivata. Immediatamente partite le indagini, dopo esattamente tre mesi, il 26 febbraio 2011, il ritrovamento del cadavere da parte di un passante spegne per sempre le speranze di ritrovarla viva. Il corpo si trovava in un prato tra Ponte San Pietro e Chignolo d’Isola. Uccisa a coltellate, forse per essersi opposta al tentativo di stupro da parte del suo assassino.
Il giallo sembra essere giunto finalmente ad una risoluzione, ma Bosetti continua a dichiarasi innocente e ha affermato: “Sono sereno”.

Silvia Renda

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