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HomeCronaca Decreto sulle Ong, il Consiglio d’Europa ne chiede il ritiro

Decreto Piantedosi sulle Ong
il Consiglio d'Europa
ne chiede il ritiro

Il governo italiano risponde

"I timori sono infondati"

di Allegra Civai02 Febbraio 2023
02 Febbraio 2023

Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa | Foto di Ansa

ROMA – “Il governo italiano deve considerare la possibilità di ritirare il decreto legge sulle Ong” oppure adottare durante il dibattito parlamentare tutte le modifiche necessarie “per assicurare che il testo sia pienamente conforme agli obblighi del Paese in materia di diritti umani e di diritto internazionale”. È quanto chiesto da Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in una lettera inviata al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il 26 gennaio scorso. Il governo italiano ha risposto con una lettera indirizzata a Mijatovic, nella quale si sostiene che i timori espressi riguardo le conseguenze che il decreto sulle Ong potrebbe avere sulla loro capacità di salvare vite nel Mediterraneo e sulle persone salvate, sono infondati.

I timori di Mijatovic  

La preoccupazione espressa da Mijatovic riguarda alcune delle regole contenute nel decreto, considerate da ostacolo alla “fornitura di assistenza salvavita da parte delle Ong nel Mediterraneo centrale”. In particolare, secondo la commissaria, le disposizioni del decreto, prevedendo che le navi debbano raggiungere senza indugio il porto assegnato per lo sbarco di chi è stato salvato, “come già accaduto impediscano alle Ong di effettuare salvataggi multipli in mare, costringendole a ignorare altre richieste di soccorso nell’area, se hanno già delle persone a bordo”. Mijatovic evidenzia che rispettando questa disposizione, i comandanti delle Ong verrebbero meno ai loro obblighi di salvataggio, sanciti dal diritto Internazionale. Osserva altresì che “alle navi delle Ong sono stati assegnati, come porti di attracco, luoghi lontani nel centro e nord Italia”, prolungando le sofferenze delle persone salvate in mare e ritardando la fornitura di un’assistenza adeguata.

Per questi motivi l’unica soluzione sarebbe quella di far sbarcare rapidamente  le persone soccorse e assicurarsi che ci siano accordi pratici alternativi per ridistribuirle in altre zone del Paese.

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