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HomeCronaca Decapitati e non. Secondo gli Usa e il Regno Unito, Francia e Italia sarebbero tra i “finanziatori”dei gruppi integralisti islamici. Timore per la sorte delle due ragazze rapite in Siria

Decapitati e non. Secondo gli Usa e il Regno Unito, Francia e Italia sarebbero tra i “finanziatori”dei gruppi integralisti islamici. Timore per la sorte delle due ragazze rapite in Siria

di Renato Paone15 Settembre 2014
15 Settembre 2014

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L’espansione e l’aggressività dei vari gruppi terroristici di matrice islamica sarebbero rese possibili proprio grazie ai “proventi” derivanti dai fondi dei più grandi paesi europei. Il pagamento dei riscatti, secondo un’indagine pubblicata dal New York Times, ha permesso ad Al Qaeda e ai gruppi affiliati di raccogliere, dal 2008 a oggi, circa 100 milioni di euro. Soldi che poi vengono reinvestiti per comprare nuovi armamenti e per pagare lo stipendio di nuove reclute. Sempre secondo la rivista newyorchese, la Francia sarebbe tra i maggiori “finanziatori”, in quanto avrebbe pagato nel corso degli anni una cifra pari a 43,3 milioni di euro, seguita da Svizzera, Spagna e Austria.

Pagamenti che vengono regolarmente camuffati, ad esempio come “aiuti allo sviluppo” e attraverso la cooperazione di Ong con il supporto dei servizi d’Intelligence. Mosse rese necessarie da una risoluzione approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che invita gli stati a non pagare il riscatto per la liberazione degli ostaggi dei gruppi terroristici. Dopo la decapitazione del cittadino britannico David Haines, anche il primo ministro David Cameron ha ribadito con forza ai paesi Alleati di non pagare più alcun riscatto. Linea approvata e seguita da tempo anche dagli Usa, che, stando a quanto riferito da fonti ufficiose molto vicine al Presidente Obama, avrebbe confidenzialmente affermato  di essere «stufo che Francia, Italia e Germania continuino a far pervenire soldi ai terroristi in cambio dei loro cittadini, nonostante l’accordo».

 Giudizio che viene condiviso anche dalle pagine de “Il Giornale” nell’articolo di Gian Micalessin, dove si spiega come i nostri connazionali nelle zone a rischio siano i «più appetibili» agli occhi dei gruppi terroristici, proprio perché nella maggior parte dei casi vengono riscattati: il 27 maggio di quest’anno, l’italiano Federico Motka, dopo 14 mesi di prigionia condivisa con lo stesso Haines, sua guardia del corpo, veniva rilasciato dopo il pagamento di 6 milioni di dollari. Stando a quanto riferito da Motka, il motivo del suo rapimento venne svelato dai suoi stessi rapitori: «Il vostro Governo paga sempre», questa la frase rivolta all’italiano durante il sequestro. A conferma di ciò, le parole del sottosegretario agli Esteri Mario Giro, il quale ha affermato che «la politica dell’Italia è di non abbandonare nessuno» e che «ogni paese è libero di trattare o meno», riferendosi anche alla trattativa in corso per liberare le due ragazze rapite in Siria, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Poco dopo, le dichiarazioni a caldo del sottosegretario sono state rettificate: «La politica dell’Italia è di non abbandonare nessuno, ma utilizzando mezzi leciti e possibili. Mai detto che li riporteremo a casa e che non importa come». Certo, ora, dopo queste ultime dichiarazioni, ci si chiede come sarà possibile liberare gli ostaggi italiani senza il pagamento di un riscatto. La politica supportata da americani e inglesi del No Ransom, ha, quindi un suo significato nella lotta al terrorismo, e ben si spiega: nell’immediato, riportare a casa gli ostaggi salva loro la vita e regala visibilità politica all’interno del proprio paese, ma una strategia contro ogni trattativa finanziaria con i terroristi è l’unico modo volto a indebolire le frange terroristiche islamiche senza ricorrere a un intervento militare. «Cedere agli ultimatum dei rapitori – come affermato da Cameron – rafforza le loro capacità e incentiva futuri casi di sequestro di persona a scopo di estorsione».

 Sulla sorte di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, così come degli altri quattro italiani presi in ostaggio, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha detto che «si lavora in silenzio, è inutile parlarne». Infatti, il caso delle due cooperanti è solo l’ultimo episodio di sequestro di cittadini italiani all’estero. Ancora in mano dei terroristi sono: Marco Vallisa, il tecnico italiano sequestrato il 5 luglio in Libia, Gianluca Salviato, Padre Dall’Oglio, gesuita romano che per trent’anni ha vissuto e lavorato in nome del dialogo islamo-cristiano, e Giovanni Lo Porto, palermitano sequestrato in Pakistan il 19 gennaio 2012, nella provincia del Punjab, dove lavorava per l’ong tedesca alla ricostruzione dell’area messa in ginocchio dalle inondazioni del 2011.

 Nel frattempo, è iniziato oggi il vertice di sicurezza di Parigi, presieduta da Francois Holland e dal presidente iracheno Fouad Mossoum. I 20 paesi della coalizione guidata dagli Stati Uniti dovranno decidere una strategia d’intervento contro la crescente minaccia dello Stato Islamico. Esclusa la partecipazione ai raid aerei americani, al momento la linea sarebbe quella di dare sostegno al nuovo governo iracheno e di inasprire la lotta al terrorismo in patria. «Ormai siamo in marcia», ha affermato il Segretario di stato americano John Kerry, che è riuscito anche ad ottenere l’allineamento di una decina di Paesi arabi.

 Renato Paone

 

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