Inizia con botto (o con i famosi fuochi d’artificio cinesi) la settimana che porta al 15 dicembre, la data x in cui scatteranno nuovi dazi tra Washington e Pechino se non ci dovessero essere intese. Gli Stati Uniti sono pronti ad applicare il 15% di tassazione su altri 150-160 miliardi di merci importate dalla Cina, la risposta potrebbe essere un’aliquota del 7,5% su un totale 50 miliardi di prodotti importati dagli Usa.
In questo contesto si inserisce la decisione presa oggi dalla Cina: secondo il Financial Times Pechino avrebbe ordinato la rimozione “dei computer e dei software esteri entro il 2022”. Il quotidiano economico britannico parla di un vero e proprio “editto del governo cinese per spingere gli enti pubblici ad adottare kit nazionali”.
Il Financial Times interpreta la decisione come “un colpo ad Hp, Dell e Microsoft”, le più importanti aziende americane nel settore, in risposta al sabotaggio dell’amministrazione di Donald Trump all’uso di tecnologia cinese negli Stati Uniti, tra cui quella di Huawei. Il governo a stelle e strisce ha preso di mira il gigante delle telecomunicazioni di Shenzhen, bandendo la vendita di alcuni componenti e promuovendo una campagna per convincere l’Europa a non affidare al colosso cinese lo sviluppo delle reti 5G nel vecchio continente.
Secondo la ricostruzione del quotidiano britannico, Pechino avrebbe ordinato a tutte le istituzioni pubbliche e agli uffici che fanno capo al governo di eliminare completamente computer e software stranieri. La scelta sarebbe stata motivata con la decisione di sostenere lo sviluppo delle tecnologie domestiche con un piano graduale, ma serrato. Secondo il progetto del governo cinese è previsto un primo taglio del 30% entro il 2020, poi del 50% nel 2021 e del residuo 20% nel 2022.