Nessuna sorpresa in positivo dai nuovi dati provvisori Istat sul lavoro e l’occupazione in Italia: il numero di disoccupati è cresciuto in media di 478mila unità (+2,1%) su base annua, con il Mezzogiorno ancora una volta a fare da capofila (282mila nuove unità, equivalenti a un +4,6%). Il numero di disoccupati nel nostro paese arriva così a sfiorare i 3,3 milioni (pari al 12,9%).
Giovani. Anche per i giovani disoccupati tra i 15 e i 24 anni di età i numeri non sono di conforto: 690 mila ragazzi senza lavoro (l’11,5% sul totale della popolazione di quella fascia d’età); in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,8 punti sul 2013.
Padoan. Una condizione complessivamente difficile, ma non catastrofica. È intervenuto in merito il neo ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, che lo scorso mese fu a un passo dalla nomina a presidente dell’Istat. «Improbabile – per Padoan – che la creazione più rapida di posti di lavoro (riferendosi alla legge Fornero, ndr) sia sufficiente per riportare i tassi di occupazione ai livelli pre-crisi, men che meno a livelli capaci di compensare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione nei Paesi avanzati». «Diversi anni di consolidamento fiscale – ha aggiunto -, aggiustamenti nei bilanci del settore privato, bassa fiducia e disponibilità di credito ridotta, hanno lasciato l’Italia con un tasso di disoccupazione a due cifre e nessun segno di un’inversione rapida e autosufficiente».
Fmi. «L’attuazione delle riforme resta la chiave per il ritorno alla sostenibilità e alla crescita» ha dichiarato Jerry Rice, portavoce del Fondo monetario internazionale. In Italia «l’alta disoccupazione è un problema pressante», e dunque «le riforme del mercato del lavoro sono la chiave di volta, soprattutto per la flessibilità nei contratti» (Sul giudizio del Fmi a proposito del governo Renzi, vedi anche l’articolo di Valerio Dardanelli).
Europa. Allargando lo sguardo all’Europa, l’Italia gravita intorno alla media europea, del 12%, restando ben distante dai paesi maggiormente colpiti dalla crisi, Spagna e Grecia, che si attestano su valori superiori al 25% di disoccupazione. Resta stagnante la situazione francese, che negli ultimi tre anni ha oscillato tra il 9% e l’11%, mentre sempre più virtuosi gli ex-osservati speciali, Portogallo e Irlanda, che nel corso del 2013 hanno visto calare il proprio tasso di disoccupazione di oltre un punto percentuale.