“Inaccettabile spiare gli amici. Continuerò a parlare al telefono”. Angela Merker ha reagito così alle ultime dichiarazioni di Snowden. La notizia che la National Security agency controllava i telefoni di 35 leader mondiali, tra cui la cancelliera tedesca, ha portato al braccio di ferro tra Usa e Europa. E l’indignazione dell’Europa per le rivelazioni sulla Nsa si sono levate alte durante il vertice Ue della scorsa notte. Era tutto pianificato, un agenda fitta di argomenti da sviscerare. Ma non c’è stato tempo per trattare altri argomenti: la questione datagate è finita per diventare il punto centrale dell’intero incontro. Per tutti un’esigenza comune: fare chiarezza su quanto accaduto.
Francia e Germania hanno lanciato un’iniziativa comune per chiedere agli Stati Uniti di ridefinire le attività di intelligence e le modalità con cui devono essere svolte “tra alleati”. Ad annunciarlo Angela Merkel al termine della prima giornata del vertice europeo. Gli fa eco il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, aggiungendo che su questo esiste “un linguaggio comune” di tutti i 28 Paesi dell’Unione. Per i due leader si arriverà a un accordo con Washington “entro l’anno”. “Dobbiamo trovare una base per le nostre relazioni future. La fiducia tra alleati è stata profondamente scossa e deve essere ricostruita. La nostra partnership deve cambiare e cambierà radicalmente”, ha spiegato la Cancelliera. Ancora più radicale la posizione del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz che ha minacciato gli Usa di sospendere i negoziati sull’accordo di libero scambio: “I servizi americani sono fuori controllo”. La decisione comune, secondo il premier Enrico Letta, è quella di “richiedere informazioni e andare da qui alle prossime settimane a un chiarimento, una cooperazione con gli Stati Uniti per capire che cosa è successo e evitare che possa risuccedere”. La decisione “giustificata dagli eventi che sono accaduti”, non vuole secondo Letta “creare un antagonismo ma trovare una soluzione”.
Tuttavia, per prendere qualsiasi decisione, bisognerà fare i conti con l’ostinazione degli inglesi guidati dal premier Cameron, fermo sostenitore che un rafforzamento della normativa Ue sulla protezione della privacy e della tutela dei dati personali risulterebbe penalizzante per le imprese. La prima discussione sulle attività di spionaggio americane si è conclusa, dunque, con un nulla di fatto a causa del veto britannico e il mancato raggiungimento dell’unanimità non ha consentito di adottare una soluzione.
Nel mirino dello spionaggio statunitense anche l’Italia. Secondo alcune rivelazioni de L’Espresso sarebbero stati proprio i servizi segreti britannici a intercettare e controllare le telefonate in Italia trasmettendo poi a Washington i risultati del lavoro. E anche i nostri servizi, secondo le dichiarazioni del giornalista del Guardian Glenn Greenwald, avrebbero avuto un ruolo nella raccolta dei dati, accusa subito smentita dall’intelligence italiana.
Ma che i leader europei fossero intercettati dai servizi europei da anni non è certo una novità. Romano Prodi, dieci anni fa, in qualità di presidente della Commissione Europea, scoprì di essere finito nell0 rete di Echelon, il «grande orecchio» progenito re di Prism, oggi al centro del datagate. «Il suono della mia voce era stato inserito nel grande cervello e quindi ogni mia conversazione veniva registrata», ha scritto il Professore in un articolo sul Messaggero. “Con ondate che si succedono con crescente intensità si ha notizia di controlli illegittimi sulle comunicazioni da parte di alcuni Paesi a danno di altri. Ciò infrange non solo le regole giuridiche internazionali ma gli stessi diritti fondamentali dei cittadini».
Federica Macagnone