Il caso della quattordicenne inglese che ha visto esaudito il proprio desiderio di essere ibernata, nella speranza di risvegliarsi in un futuro non si sa quanto lontano, ha riportato all’attenzione un argomento piuttosto ciclico: la crioconservazione dei corpi. Ci si trova ancora di fronte al tentativo dell’uomo di sconfiggere la morte e guadagnare l’immortalità. Un fine che ha da sempre accompagnato e tormentato la storia dell’essere umano. Migliaia di anni fa la civiltà egizia, con tecniche strepitose per l’epoca, applicava in ottica religiosa la conservazione dei corpi mediante mummificazione. Tale processo era considerato indispensabile per consentire al defunto di vivere oltre la morte. L’ossessione per l’immortalità portò il primo imperatore cinese Qin Shi Huang, lo stesso dell’esercito di terracotta, ad avvelenarsi con pillole preparate dai suoi dottori le quali, contenendo mercurio, lo uccisero anziché renderlo immortale.
Con l’ausilio delle sue potenti tecnologie l’uomo del 2016 non demorde, ci prova ancora. Dunque dalla mummificazione, passando per intrugli alchemici di ogni tipo, arriviamo alla cosiddetta crioconservazione postmortem. Innanzitutto partiamo da un assunto: non è legalmente possibile ibernare corpi di persone vive. Dunque è possibile soltanto la conservazione dei corpi di persone decedute, sfruttando il lasso di tempo che va da dall’arresto cardiaco alla morte cerebrale. In questo modo si punta a mantenere intatte le strutture nervose. Specifichiamo poi che l’ibernazione non è in grado di ringiovanire, ma solo di conservare un corpo nello stato in cui si trova al momento della morte. Da qui due osservazioni. La prima: si tratta, in estrema sintesi, di riportare alla vita una persona già morta. Questo implica, con ogni evidenza, una serie di problematiche di ordine etico, filosofico e religioso. Una domanda su tutte: se tale pratica fosse possibile che ne sarebbe dell’anima del defunto? Seconda osservazione: non esiste al momento alcuna tecnica che permetta di risvegliare persone defunte e ibernate. Si tratta dunque di una scommessa sulla scienza del futuro, un prendere tempo nell’attesa che il progresso scientifico raggiunga conoscenze tali da rendere possibile il ritorno in vita di questi corpi crioconservati.
L’ibernazione avviene immergendo il corpo in azoto liquido ad una temperatura di -125 gradi centigradi per tre ore, successivamente si passa alla temperatura definitiva, ovvero -196 gradi. Benché la scienza non si sia mai espressa in merito, molti ritengono che memoria e personalità del soggetto ibernato restino intatte e dunque passibili di una “riattivazione”. Tuttavia il procedimento non è esente da problemi. Il primo è quello relativo alla formazione di cristalli di ghiaccio che porterebbero alla rottura delle membrane cellulari. I sostenitori di tale pratica ritengono di aver risolto questo inconveniente grazie ad una soluzione vetrificante che, iniettata in sostituzione del sangue, impedirebbe la formazione dei suddetti cristalli. Con il semplice congelamento le cellule andrebbero incontro alla morte, ma quando vengono invece vetrificate esse restano sospese e, una volta scongelate, riacquistano la loro funzionalità. Va tuttavia osservato come il corpo umano sia composto da miliardi di cellule, quindi non si tratta di ibernarne e conservarne una manciata, ma una quantità immensa che compone un sistema estremamente complesso. Inoltre non esiste alcuna certezza circa la tenuta degli organi, che non sembra possano resistere intatti per anni senza danneggiarsi, seppur a quelle temperature.
C’è poi il problema relativo ai tessuti di cui il nostro corpo si compone: essi hanno coefficienti di dilatazione diversi e potrebbero andare incontro a rotture. Altra questione è quella relativa allo scongelamento contemporaneo di ogni singola parte del corpo, che al momento risulta impossibile. E che dire poi delle cause che hanno portato alla morte l’individuo? Non basterà soltanto “risvegliare” il paziente criogenizzato, ma servirà anche ripristinare le sue funzioni vitali eliminando le cause che lo hanno portato al decesso. Insomma stando alle attuali conoscenze siamo nel campo della fantascienza pura. Un conto è utilizzare l’ibernazione come espediente letterario per giocare con la fantasia, un altro è sapere che concretamente nel mondo esistono già tre grandi aziende dove 377 corpi sono crioconservati. Due società, la Alcon e la Cryonics, sono statunitensi, mentre in Russia si trova la KrioRus. Esistono poi altre agenzie che offrono il servizio di trasporto della salma. Si stimano in 2 mila le persone che hanno già firmato un contratto per il congelamento. Se si vuole conservare l’intero corpo il prezzario va dai 200 mila dollari della Alcon alla più economica KryoRus che ne chiede “appena” 36 mila. Ma se si vuole proprio andare al risparmio è possibile (non stiamo scherzando) conservare solo la testa e, in questo caso, si scende dagli 80 mila dollari della Alcon ai 18 mila della KryoRus.
Vista la complessità del tema, dal punto di vista giuridico abbiamo affrontato l’argomento con la Prof.ssa Laura Palazzani, ordinario di filosofia del diritto e biogiuridica al dipartimento di giurisprudenza dell’università Lumsa di Roma.
Sul fronte medico invece ne abbiamo parlato con il Dott. Andrea Borini, responsabile clinico e scientifico del centro Tecnobios Procreazione, con sede a Bologna.