Pandemia. È passato un giorno da quando l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha usato questa parola per descrivere il coronavirus. Dal greco, “pan” più “demos”, tutti i popoli. In totale sono 116 i paesi coinvolti, oltre 4.700 i morti in totale. Una velocità di diffusione che porta il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom a puntare il dito contro alcuni Stati, accusati di prendere sotto gamba la situazione.
Cosa che non ha fatto la Cina, dove il picco dell’epidemia è stato superato. Sono le parole del portavoce della commissione sanitaria nazionale Mi Feng, che ha annunciato una diminuzione dei casi all’interno del Paese asiatico. “I contagi stanno diminuendo”, dice Mi. Oggi in Cina si sono registrati 15 nuovi casi e 11 morti, di cui dieci legati all’Hubei, il cuore dell’epidemia. Sotto occhio anche la Corea del Sud, in particolare Seul, dove aumentano gli infetti.
In Europa siamo appena agli inizi della battaglia. In totale ci sono oltre 20mila contagiati. Si passa dai 2mila della Germania ai 2.200 di Francia e Spagna. Anche in Gran Bretagna il coronavirus comincia a prendere piede: nel Regno Unito si è raggiunto il picco dei contagi in un solo giorno, con 74 casi. A Cuba sono stati ricoverati tre turisti italiani, mentre l’Austria annuncia la chiusura delle scuole a tappe.
Gli Stati Uniti muovono i primi passi e l’emergenza sanitaria coinvolge anche i rapporti con la Cina. Dopo le parole del presidente Donald Trump interviene anche il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien, che accusa Pechino di “non aver gestito in modo giusto l’epidemia”. Nel dibattito tra le grandi potenze si inseriscono le parole del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres: “Chiedo ai governi di intensificare i loro sforzi fin da subito. Questa è una crisi che colpisce tutti, e dobbiamo tutti fare la nostra parte”.