“Il prodotto di una scellerata provocazione”. Così la Corea del Nord ha definito le sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Bandite le esportazioni tessili di Pyongyang e vietate le esportazioni verso il Paese di petrolio e gas naturale, fatta eccezione per il necessario sostentamento della popolazione. Questo è il contenuto della risoluzione, adottata all’unanimità lunedì, che il ministero degli Esteri di Kim Jong-Un ritiene “fabbricata” dagli Usa e finalizzata a colpire il suo “legittimo diritto all’autodifesa”. Per aggirare le restrizioni commerciali, però, la Corea del Nord potrebbe utilizzare un’arma inaspettata.
Niente a che vedere con missili o esplosioni, ma principi di cyber-finanza. L’intenzione di Pyongyang, infatti, sarebbe accumulare bitcoin e altre criptovalute. Monete elettroniche, insomma, il cui valore è in aumento e, secondo FireEye, società che si occupa della sicurezza informatica, gli hacker del regime avrebbero intensificando gli attacchi ai mercati di criptovalute sudcoreani. Non va dimenticato che i bitcoin possono essere convertiti dagli hacker in dollari o altre valute attraverso lo scambio con criptovalute più difficili da tracciare, come il Monero, poi commerciate con moneta a corso legale.
Intanto, non si abbassa la tensione con Seul. L’Aeronautica della Corea del Sud ha portato a termine “con successo” una serie di esercitazioni, utilizzando per la prima volta i missili avanzati Taurus. Una risposta al più potente test nucleare mai fatto dalla Corea del Nord all’inizio di settembre che è stata “utile a dimostrare le capacità di risposta di fronte a eventuali provocazioni”.