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Dal 9 febbraio stop ai sondaggi sul voto Caos su social network e par condicio

di marco.potenziani07 Febbraio 2013
07 Febbraio 2013

ROMA – Dal prossimo sabato 9 febbraio sarà vietato pubblicare i risultati dei sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani. Il provvedimento è contenuto nella legge sulla par condicio del 2000 e venne pensata, tra le polemiche, per evitare che il sondaggio venga utilizzato dai partiti come ulteriore arma di propaganda per gonfiare o nascondere i propri consensi influenzando il voto degli elettori. Nelle due settimane che separano il paese dalle elezioni sarà comunque possibile effettuare sondaggi ma i risultati, seppure parziali, non saranno pubblicabili fino alla chiusura dei seggi, ovvero fino alle ore 15.00 del 25 febbraio prossimo.

La legge in questione vieta di rendere noti i dati sui tradizionali mezzi di comunicazione di massa: ma i social network? Si apre quindi un dibattito etico e legale sull’utilizzo dei vari Twiter, Facebook e tanti altri, i quali non riescono ad essere imbrigliati nella maglie della legge sulla par condicio in quanto non esistevano al momento del varo della legge stessa (così come la Costituzione parla genericamente di “stampa” e mai di televisione perché proprio non esisteva nel 1946).

Il perché si è tornato a discutere di par condicio è ormai noto: l’istituto di ricerca Swg aveva lanciato un App (politicapp, all’esorbitante costo di 9,99€) con sondaggi quotidiani sulle intenzioni di voto. C’è di tutto: i valori percentuali, il grafico dei possibili seggi in Senato, persino indici sulla “simpatia” dei candidati. Vale per tutti media, “comprese le edizioni elettroniche dei quotidiani” con una “responsabilità editoriale” fanno sapere dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Tradotto, niente sondaggi. Dapprima l’Agcom aveva lasciato che tale applicazione si diffondesse  ma nelle ultime ore ha dovuto fare una retromarcia un po’ confusa e disordinata. Secondo alcune indiscrezioni il motivo del cambio di orientamento da parte di Agcom sono appunto i social network. Considerata la diffusione che hanno oggi in Italia, (il primo paese europeo per vendita e diffusione di supporti teconolgici, quali 30 milioni di smart phone e 3 milioni di tablet) gli eventuali dati forniti dalle App sono virtualmente alla portata della metà della popolazione italiana e verrebbero viralizzati su internet (inequivocabilmente strumento di massa).

Ed è per questo che l’Agcom – dopo aver dato l’approvazione all’App di Swg – è stata costretta a tornare – seppur troppo tardi – sul regolamento. A suo discapito, va detto, il presidente Angelo Marcello Cardani, in passato ha comunque dichiarato più volte la necessità di cambiare una legge (del 2000) che non tiene conto delle attuali innovazioni tecnologiche.

Marco Potenziani

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