“Sfigato”, “ciccione”, “devi morire”. Sono solo alcuni degli insulti che i teenager italiani si sentono dire tutti i giorni. Le conseguenze sono incalcolabili: ansia, paranoia, depressione. La voglia di scomparire fino a gesti estremi come la vendetta e il suicidio. Dopo il Covid, sono quasi raddoppiati i giovani bullizzati, fuori e dentro i social. Colpa dell’effetto di disinibizione della rete, che da Telegram a TikTok amplifica gli episodi di bullismo. Problemi che persistono malgrado la presenza di una legge contro il cyberbullismo, con implicazioni sempre meno gestibili anche per le piattaforme.
Sono passati dodici anni da quando Leonardo – che al tempo frequentava le medie – ha deciso di cambiare scuola e trasferirsi in un’altra città. Le ragioni? I pugni, le sigarette spente addosso e le prese in giro per il suo aspetto fisico nelle chat segrete create dai compagni di classe su WhatsApp. Una scelta che lo ha fatto rifiorire nell’età adolescenziale, ma che non tutti hanno la forza di fare.
Dall’entrare a scuola armato come in Fortnite lanciando molotov per pareggiare i conti con i compagni al togliersi la vita a soli 14 anni per via delle continue offese pronunciate in classe e lette sui social. Le reazioni esasperate delle vittime di bullismo sono sempre più frequenti. Sintomo di un malessere aggravato dalla simbiosi con lo smartphone, con WhatsApp e con i social network, a cui però fanno da sfondo – dentro e fuori dallo schermo – sempre gli stessi motivi.
Già, perché se una volta il bullismo era reale, oggi è ancora più insidioso nelle piazze virtuali. “Con l’avvento delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale – evidenzia Maria Pia Cirolla, presidente dell’Associazione “Asso. Noi Diciamo No – ODV!”– il web è diventato e continuerà ad essere la piattaforma principale di comunicazione tra gli adolescenti. Una realtà multimediale ormai esasperata che fomenta situazioni di rabbia cancellando l’empatia”.
Perché i social fanno da eco al bullismo
La storia di Leonardo è solo un esempio della realtà che si nasconde dietro al cyberbullismo. Un fenomeno complesso con cui si identificano le manifestazioni d’odio online, sempre più difficili da delimitare tra i migliaia di contenuti in rete. Dinamiche diverse, storie che si intrecciano tra loro. Con l’aumentare della diffusione dei social media, è proprio la caratterizzazione cyber del fenomeno ad aver creato una nuova frontiera del bullismo.
Le azioni che si perpetuano online, pur essendo molto simili a quelle del bullismo puramente inteso, si differenziano principalmente per l’utilizzo di supporti come le piattaforme social e la rete, ma anche gruppi di messaggistica come Telegram o WhatsApp. Vengono così a crearsi le cosiddette echo-chambers digitali, “non luoghi” che permettono alle persone di condividere le loro opinioni con quelle degli altri utenti, alimentando i sentimenti di odio e polarizzando il discorso verso la negatività.
L’uso della rete favorisce la disinibizione verso la vittima, che resta distante dal suo aguzzino virtuale. In questo modo il bullo, protetto dallo schermo, crea intorno a sé una gabbia che lo mette al riparo dalle conseguenze delle sue azioni. Online, attraverso l’utilizzo di profili anonimi o fake, ci si libera da qualche freno: l’aggressività cresce e le dinamiche diventano ancora più profonde. La possibilità di essere connessi 24 ore su 24, poi, rende gli atti di cyberbullismo ancora più pervasivi: non ci si limita a una fascia oraria, ma si può bullizzare qualcuno sempre e dappertutto.
Un fenomeno che “non ha più un limite” secondo lo psichiatra e psicoterapeuta Federico Tonioni, già direttore del Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web del Policlinico Gemelli di Roma. “Un ragazzino preso in giro a Milano può cambiare città e trasferirsi a Napoli, ma appena incrocerà lo sguardo di un coetaneo penserà di sentirsi riconosciuto”, sostiene Tonioni. “Non ci si libera dal cyberbullismo con la stessa facilità di quando si poteva semplicemente cambiare scuola, classe o città”.
Un’emergenza che cresce col passare del tempo
Ma la rete e i social hanno davvero amplificato il fenomeno? La risposta, stando alle stime dell’Istituto Superiore di sanità, è sì: bullismo e cyberbullismo sono in crescita, e sono quasi raddoppiati nel giro di 4 anni. Secondo l’ultima indagine Health Behaviour in School-aged Children condotta dall’Iss, nel 2022 il 14,9% dei giovani tra gli 11 e i 15 anni ha subito atti di bullismo, con un incremento di quasi due punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione del 2018.
A crescere in maniera ancora più sensibile sono però le vittime di cyberbullismo. Il rapporto rileva infatti come dal 2018 al 2022 queste siano quasi raddoppiate, passando dal 9% al 15%. Un aumento che colpisce maggiormente le ragazze in ogni fascia d’età, a differenza del bullismo tradizionale, le cui prede sono invece per lo più maschi di 11 anni. Come evidenzia il grafico, sono in particolare le teenager femmine undicenni a soffrire del picco di prese in giro e insulti in rete. Una tendenza che è presto spiegata dalla diminuzione della portata del fenomeno al crescere dell’età. Infatti, se è vero che il 21% delle undicenni è vittima di cyberbullismo, è vero anche che solo l’11,4% delle quindicenni viene colpita da bullismo online.
D’altronde, sono sempre di più i giovani in Italia ad avere un accesso quotidiano a internet e quindi ai social. L’Eurostat certifica come dal 2015 al 2023 i giovani tra i 16 e i 19 anni che accedono quotidianamente a internet siano cresciuti di quasi 10 punti percentuali, passando dall’88,27% al 97,61%. Un balzo concentrato soprattutto tra il 2020 e il 2021, quando – come rivela il grafico – gli accessi sono aumentati solo in un anno di quasi il 5%.
Facile però intuirne il motivo, e cioè la pandemia da Covid e le misure restrittive delle libertà personali attuate dal governo italiano per gestire l’emergenza. Fattori che hanno spinto i giovani a trascorrere più tempo online e, in alcuni casi, a esacerbare l’odio verso il prossimo.
Ciononostante, negli ultimi anni non sono aumentate le condanne dei minori, se non con qualche eccezione. Dai reati contro la persona alle percosse, dalle risse ai delitti contro la libertà personale, tra il 2000 e il 2017 i dati Istat certificano una diminuzione dei delitti legati all’incolumità personale. Un calo che tuttavia non si riflette nei reati di stalking, violenza sessuale e atti sessuali con minorenni, sempre più estesi anche sul web.
Le tutele: tra legge sul cyberbullismo e policy di Meta
Con un numero crescente di adolescenti che entrano in possesso di dispositivi digitali in età sempre più giovane, il rischio che il cyberbullismo aumenti anche nei prossimi anni è altissimo. Uno scenario che in Italia il mondo della politica e delle istituzioni ha iniziato a prendere in considerazione solo sette anni fa. Prima del 2017 non esisteva infatti alcuna legge sul cyberbullismo, né tanto meno una definizione chiara. Al punto da essere spesso sminuito e sottovalutato sia dagli stessi ragazzi che dagli adulti.
C’è voluta Carolina Picchio – la prima persona in Italia a togliersi la vita per le persecuzioni subite sui social – per ottenere un quadro normativo che stabilisse la correlazione tra determinate condotte, anche criminali, e il fenomeno. Uno strumento che insieme alle linee guida del Ministero dell’Istruzione “è sufficiente ma non basta” spiega a Lumsanews Eleonora Nocito, avvocata penalista esperta in bullismo e cyberbullismo. “Occorre lavorare in sinergia con psicologi, insegnanti, forze dell’ordine ma soprattutto genitori, che sembrano però non aver ancora trovato la giusta consapevolezza”, sottolinea Nocito.
Eppure a “svegliarsi” non dovrebbero essere solo i genitori, ma anche colossi del Web. Un’operazione che Meta ha iniziato a fare propriamente dal 2020, implementando la protezione nei confronti dei minori con provvedimenti autonomi.
Malgrado la piattaforma non abbia voluto fornire a Lumsanews un riscontro diretto, nel portale trasparenza emerge però come le policy di Facebook e Instagram si affidino in gran parte anche alle segnalazioni dei comportamenti scorretti da parte degli utenti. Da queste, l’algoritmo cattura gli episodi di bullismo e le molestie per le quali non è necessaria una comprensione più approfondita del contesto. Così Meta procede alla rimozione di contenuti che violano le linee guida e alla disabilitazione degli account di coloro che violano ripetutamente le regole: 7,7 milioni solo nell’ultimo trimestre del 2023.
Se la vita dei giovani passa per internet, è importante continuare ad essere presenti nello spazio virtuale anche quando la rete diventa insicura e piena di insidie a causa del cyberbullismo. Le attività, gli interessi, le passioni. Tutte le cose che piace fare alla generazione Alpha sono lì. Ecco perché oggi è ancora più importante educare e non privare i ragazzi dell’uso dei social, ma anzi accompagnare i teenager e sensibilizzarli sulla diversità e sulle problematiche derivanti dal mondo online. Quando i social diventano eco del bullismo, la prevenzione si rivela, è proprio il caso di dirlo, vitale.