Primi spiragli per una soluzione pacifica della crisi internazionale siriana. Ad annunciare la notizia è stato ieri il segretario di stato Usa John Kerry in visita a Londra: “Bashar al-Assad potrebbe evitare un attacco consegnando le sue armi chimiche alla comunità internazionale entro la settimana prossima”. La soluzione è stata avallata dalla diplomazia russa: il ministro degli esteri di Mosca Serghei Lavrov ha incontrato sempre ieri l’omologo siriano Walid al-Mouallem chiedendo alla Siria di aderire all’Opcw, l’Organizzazione per il divieto delle armi chimiche. Poche ore dopo la comunicazione di Kerry, al-Mouallem si è mostrato disponibile alla soluzione proposta dai russi. I due Paesi continuano a lavorare per raggiungere l’accordo definitivo.
Difficile l’intervento militare. L’accusa mossa dal presidente statunitense Barack Obama al regime di al-Assad, che affronta da più di due anni una dolorosa guerra civile, è di aver utilizzato armi chimiche contro i ribelli. Obama ha quindi minacciato un attacco a Damasco, nonostante al-Assad si è dichiarato a più riprese non colpevole. Ma la consegna delle armi chimiche eviterebbe l’intervento militare.
La proposta risolutiva è stata avanzata probabilmente per la prima volta la settimana scorsa, nel colloquio che si era tenuto durante il G20 di San Pietroburgo fra Obama e il presidente russo Vladimir Putin. I rapporti fra Russia e Usa sembravano freddi: oltre alle minacce statunitensi di un attacco contro il regime di al-Assad, mal digerite da Mosca, ancora pesa il caso Snowden, la talpa dei servizi segreti americani a cui la Russia ha concesso l’asilo politico. Ma nella giornata di venerdì Obama e Putin si erano incontrati per circa mezz’ora, una conversazione ristretta e dal contenuto riservato.
La soluzione profilata accontenterebbe un po’ tutti, a cominciare dagli stati che hanno fortemente incentivato l’attacco, in particolare Stati Uniti e Gran Bretagna. Mentre i governi si sono dimostrati risoluti nel proporre i raid punitivi contro Damasco, non altrettanto è successo per i parlamenti nazionali, molto più cauti. Per il premier britannico David Cameron il controllo delle armi chimiche siriane sarebbe un grande passo. Cameron, che spingeva per un intervento diretto, era stato bloccato dal parlamento, dove la richiesta di autorizzazione preliminare era stata bocciata con 285 voti contro 272.
La strada è difficile anche per Obama, che ha incassato il parere favorevole all’intervento da parte della commissione esteri del Senato, ma che aspetta ancora il via libera del Congresso. Un sì che non sembra affatto scontato. La maggioranza degli statunitensi, il 55 %, sarebbe contraria ad un’azione militare, e i deputati democratici sembrano divisi. Una bocciatura sarebbe un duro colpo anche per l’immagine del presidente, che si è impegnato personalmente per l’intervento. Ma Obama continua a spingere per un’autorizzazione dell’assemblea, con interviste televisive e con un discorso alla nazione previsto per questa notte. Se non altro per tenere ferma la minaccia su al-Assad. Sarà questo il punto su cui batterà nei suoi interventi il presidente Usa.
L’Onu preme per una soluzione pacifica. Anche la Francia, che aveva aderito alla proposta di intervento statunitense, cavalca l’onda della soluzione pacifica. Oggi il Ministro degli esteri Laurent Fabius ha annunciato che il governo francese presenterà nella giornata odierna alle Nazioni Unite un progetto di risoluzione che chiede a Damasco di rendere pubblico il suo arsenale chimico e di provvedere alla sua eliminazione.
La consegna delle armi sarebbe una vittoria anche per l’Onu, e il segretario generale Ban Ki Moon si augura che, dopo il lavoro degli ispettori per accertare l’utilizzo delle armi chimiche, Damasco possa consegnare e distruggere gli arsenali. Scettici invece gli israeliani. Il presidente Shimon Peres ha dichiarato che i negoziati saranno “duri” e che “la Siria è inaffidabile”.
Domenico Mussolino