Questa mattina il ministro degli Esteri Luigi Di Maio è arrivato a Tripoli dove incontrerà il capo del governo riconosciuto dall’Onu, Fayez al-Serraj, e il generale Khalifa Haftar a Bengasi per discutere del conflitto in corso.
La soluzione della crisi in Libia “non può essere militare”, ha detto Di Maio in un colloquio con il vicepresidente del consiglio presidenziale libico, Ahmed Maitig, e con il ministro degli Esteri libico Mohammed Siala. Intanto la città di Misurata ha dichiarato “lo stato d’emergenza generale”.
La situazione nel Paese nordafricano è sempre più caotica. Haftar sta provando a occupare militarmente Tripoli mentre cresce il coinvolgimento di Turchia e Russia. Se la seconda appoggia Haftar, Erdogan si è inserito nel conflitto per difendere Serraj siglando un’intesa a fine novembre su cooperazione militare e demarcazione dei confini marittimi. Di conseguenza, l’Italia sta provando a recuperare posizioni in un territorio di interesse sia dal punto di vista energetico che migratorio.
Proprio per questo il ministro degli Esteri italiano è tornato in Libia, nell’ambito di un’azione congiunta nata a Bruxelles dopo la trilaterale tra il premier Giuseppe Conte, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron.
Un altro attore del conflitto è l’Egitto, con il presidente Abdel Fattah al-Sisi che domenica aveva detto che il governo di unità di Serraj “non ha vero libero arbitrio” perché “è stato preso in ostaggio dalle milizie armate e dai terroristi” a Tripoli. Al Sisi aveva anche aggiunto: “Saremmo dovuti intervenire direttamente in Libia ma non l’abbiamo fatto perché il popolo libico non dimenticherebbe mai qualsiasi intervento diretto nella sicurezza”. Il governo libico aveva espresso “profondo stupore” e aveva considerato le dichiarazioni “una minaccia”.