Quasi 8 mila persone sono state arrestate in Kazakhstan dopo una settimana di scontri, segnati da una repressione implacabile e dalla morte di decine di persone. A dare la notizia è il governo kazako. “Al 10 gennaio sono 7.989 gli individui detenuti da organi del ministero degli Interni”, si sottolinea in un comunicato dello stesso ministero, pubblicato sul sito governativo.
Il Kazakhstan è stato recentemente travolto da un’ondata di proteste contro il caro energia, la più violenta mai registrata in tre decenni di indipendenza dall’Unione Sovietica.
Il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev ha definito le manifestazioni un “tentato colpo di Stato” e ha dichiarato che le forze di sicurezza “non sparerebbero mai” sui manifestanti pacifici.
Il governo ha incassato l’aiuto della Russia, che ha inviato quasi 3mila soldati per sedare le tensioni. “La missione militare guidata da Mosca finirà presto”, ha però sottolineato Tokayev. Parole confermate anche dal premier Vladimir Putin: “Le truppe resteranno nel Paese per un tempo limitato”.
Anche la Cina, tramite il ministro degli Esteri Wang, ha ribadito il sostegno a Nursultan. “Siamo disposti a collaborare con il Kazakhstan per un ritorno alla stabilità”, ha detto Wang in un colloquio telefonico con il suo omologo kazako Mukhtar Tileuberdi.
Intanto internet ha ripreso a funzionare dopo cinque giorni di blackout ad Almaty, la città più grande del Kazakhstan che conta 1,8 milioni di abitanti. Lo stop alla rete si era verificato proprio durante le proteste, nelle quali sono morte decine di persone.
Almaty, l’ex capitale del Kazakhstan, era offline dal 5 gennaio. I siti web locali e stranieri sono tornati accessibili oggi, dichiarato giorno di lutto a seguito dei peggiori disordini nella storia dell’ex repubblica sovietica dalla sua indipendenza.