Ogni due ore in Italia muoiono tre imprese. Un dato allarmante che equivale a trentacinque fallimenti al giorno. E’ l’impietosa fotografia del Paese che emerge da un rapporto di Unioncamere, anticipato in anteprima da La Stampa.
Sono 5.334 le imprese fallite nei primi cinque mesi dell’anno. Duecentottantaquattro in più (+5,6%) rispetto allo stesso periodo del 2012. E mentre molte imprese chiudono i battenti, altre cercano di scongiurare la crisi ricorrendo al concordato con un aumento del 68% delle domande di accordo con i creditori rispetto allo scorso anno.
Tra le cause di crisi delle imprese, non solo i debiti ma, sempre più spesso, i crediti non riscossi sia dallo Stato che dai privati.
La città dove si fallisce di più è Milano con 525 imprese chiuse, il 10% del totale, seguita da Roma (466), Napoli (217) e Torino (209). Una crisi che si estende da nord a sud non risparmiando nemmeno aree tradizionalmente floride come Emilia Romagna (+15,1% dei fallimenti), Toscana (+38,2%) e Veneto (+11,5%).
Se il commercio, sia al dettaglio che all’ingrosso, ha il primato dei fallimenti, con 1203 casi, fortemente colpito è anche il settore dalle costruzioni (1138 ). A fallire sono soprattutto i costruttori edili (680, +67,1%), e le aziende che effettuano lavori di costruzione specialistici (413, +70%).
E proprio questa mattina a Piazza Affari oltre 30 organizzazioni della filiera delle costruzioni hanno organizzato la “Giornata della Collera” lanciando un appello a fare in fretta per evitare la deindustrializzazione di un settore fondamentale per la ripresa. «Le imprese continuano a fallire, gli studi professionali a chiudere, i lavoratori a essere lasciati a casa. I nuovi dati dicono che i posti di lavoro persi nelle costruzioni dall’inizio della crisi a oggi sono arrivati a 446mila e, se si considerano anche i settori collegati, arrivano a quota 690mila. A dirlo il presidente di Assimpredil Ance, Claudio De Albertis che ha parlato di disoccupazione record dall’inizio della crisi: «Non sono solo gli operai a restare a casa, ma tutte le figure professionali legate ai cantieri. In un anno i liberi professionisti, dagli architetti agli ingegneri, sono diminuiti del 23%».
De Albertis ha invocato «un piano Marshall dell’edilizia che coniughi soluzioni tecniche a fondi pubblici necessari per ridare lavoro alle imprese» e ha richiesto il pagamento a tutte le imprese che vantano da anni debiti ingenti con la pubblica amministrazione.
Giulia Prosperetti