C’è chi dice no. Per il docente universitario e storico Guido Crainz, autore di diversi libri sulla Prima Repubblica, Craxi non fu uno statista, ma il simbolo di una politica “disastrosa”, “uno che le riforme non le ha mai fatte”, un “ex presidente che è sfuggito alla giustizia del Paese che aveva governato”.
Professore, l’Italia come sta vivendo il ventennale della scomparsa di Bettino Craxi?
«È una ricorrenza strana. La gente sta facendo confusione tra una legittima nostalgia della Prima Repubblica e la totale riabilitazione di un protagonista della degenerazione della nostra politica. Il Craxi politico è stato idealizzato, complice il bel film di Gianni Amelio. Leggo pure inopportuni accostamenti ad Aldo Moro, come fossero stati due prigionieri uguali. Ma Moro è stato una vittima del terrorismo, non un condannato che si è sottratto alla giustizia italiana.»
Hammamet a parte, che politico è stato Craxi?
«I primi anni della sua segreteria (iniziata nel 1976, ndr) facevano ben sperare: la competizione ideale col comunismo, la rilettura di Proudhon, il nuovo manifesto socialista, il soccorso ai rifugiati politici dell’est, come il leader dissidente cecoslovacco Jiri Pelikan addirittura eletto dal Psi al Parlamento Europeo, e i perseguitati da Pinochet in Cile e tanto fervore culturale, testimoniato dalla frizzante rivista Mondo Operaio. Intorno al primo Craxi c’era l’impronta di Pietro Nenni, del quale era figlio politico, e la migliore intellighenzia di sinistra. Ma fu un’illusione.»
Poi cosa è successo?
«La politica degli anni 80, della quale Craxi è un po’ il simbolo, è stata un disastro. Nonostante le congiunture economiche favorevoli, i governi del tempo ingrossarono il debito pubblico, che ancora pesa come un macigno su di noi e i nostri figli. La Conventio ad excludendum verso il Pci, del quale Craxi era sostenitore, portò a un irrigidimento del blocco di potere, favorendo la sua degenerazione. La politica divenne più corrotta, con l’istituzione della tangente come metodo, a danno del mercato e dello sviluppo del Paese.»
Come sono stati gli anni 80?
«Anni economicamente positivi in un contesto degenerato. Il Craxi leader di governo e di partito ha dei meriti come la battaglia, vinta, sulla Scala Mobile, ma ha dato il via libera agli “spiriti animali” della società civile, realizzato un tacito accordo tra elettori ed eletti per cui ciascuno si faceva i fatti suoi. Gli elettori potevano di fatto non pagare le tasse e si vedevano aumentare gli stipendi pubblici, gli eletti ragionavano con il mantra “è bene tutto ciò che è bene per il mio partito”. Erano tempi di illegalità, tangenti e lottizzazione. Quell’Italia è ben descritta da Italo Calvino nel suo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti».
E il Craxi premier decisionista e riformista?
«Riformista è chi le riforme le fa e io riforme di Craxi non ne ricordo. Lui sognava la Grande Riforma per istituire il presidenzialismo, sognava Mitterrand, ma rimase aria fritta. E alla vigilia del cruciale referendum del 1991 sulla preferenza unica si permise di invitare gli elettori ad andare al mare. Ma tutti gli anni 80 sono stati anni di mancate riforme, al contrario dei ’70, nei quali si approvarono la legge Basaglia, l’aborto e il referendum sul divorzio. Una sua parola d’ordine era “governabilità”, ma Craxi i governi del quale non era premier li logorava e faceva saltare».
Cosa resta di quella stagione?
«La controversa politica degli anni 80 ha portato alla dissoluzione del rapporto cittadinanza-istituzioni e creato l’antipolitica, inizialmente rappresentata da Bossi e poi da Berlusconi. Di Craxi resta anche il concetto di partito personale e dei congressi-spettacolo, situazioni riviste proprio con il leader di Forza Italia. Certamente non sarebbe crollata la prima repubblica senza la degenerazione che lui impresse al Psi».
In tanti stanno dicendo che Craxi fu vittima di un complotto.
«La trama del complotto anti Craxi a opera di presunti poteri forti e attori internazionali è un delirio. Come si fa parlare di complotto con tutte le ammissioni avvenute nei processi di Tangentopoli? Non fu un’invenzione dei giudici la corruzione degli anni 80».
Domenica la commemorazione ad Hammamet, è stata polemica sulle assenze.
«Una manifestazione alla quale era difficile aderire, perché piena di rancore e nemici, inclusa la magistratura. Capisco i figli, ma non condivido la totale rivalutazione del personaggio Craxi, che commise il crimine politico e intellettuale di sottrarsi alla giustizia di un Paese che aveva pure governato».
Giusto intitolargli una via a Milano?
«Sarebbe inaccettabile».