È giallo intorno al numero delle vittime da Coronavirus. Il bilancio dei morti nel mondo, infatti, potrebbe essere molto più alto di quanto sappiamo. A dirlo è il quotidiano britannico Financial Times, secondo un’analisi condotta in quattrodici paesi colpiti dalla pandemia, Stati europei e Italia compresa. Nello specifico, si parla di una stima superiore del 60% alle statistiche ufficiali.
A questi numeri gli esperti arrivano mettendo a confronto il totale dei decessi di marzo e aprile di quest’anno con la media di quelli avvenuti negli stessi due mesi tra il 2015 e il 2019. Così si è scoperto che nel 2020 ci sono stati 122mila morti in più rispetto ai livelli standard, mentre i dati ufficiali parlano di 77mila decessi a causa dei contagi del Covid-19. Di conseguenza, chiude il Financial Times, se anche nei Paesi non compresi nello studio i dati dovessero essere stati sottostimati alla stessa misura, il Coronavirus avrebbe ucciso 318mila pazienti a livello globale. Un dato, anche qui, di gran lunga superiore a quello ufficiale, fermo alle attuali 200mila vittime.
The death toll from coronavirus may be almost 60% higher than reported in official counts, according to an FT analysis of overall fatalities during the pandemic in 14 countries https://t.co/uVuYN1pha7
— Financial Times (@FinancialTimes) April 26, 2020
A livello percentuale, poi, in tutti i paesi analizzati (esclusa la Danimarca) il numero dei decessi degli ultimi due mesi avrebbe superato la media storica. E, se in Belgio si parla di uno sforamento del 60% e in Spagna del 51%, il picco appartiene all’Italia, con il +90%. In particolare, la regione più colpita sarebbe la Lombardia, che avrebbe registrato il 155% di decessi in più rispetto ai cinque anni precedenti. Se ci riferiamo alla provincia di Bergamo il dato diventa un +464%, ed è il più alto in assoluto, davanti anche a New York (200%) e Madrid (161%).
In ogni caso, è proprio questa incertezza sui numeri a minare la ripartenza. Come ha scritto domenica Luca Ricolfi in un editoriale sul Messaggero, finché non riusciremo a far luce su determinati aspetti della propagazione del virus sarà difficile immaginare un futuro in sicurezza. Nello specifico, il sociologo ha fatto riferimento alla mancanza di un dato preciso in primis sui contagiati e su quanti di loro siano tuttora contagiosi, accusando di lentezza l’apparato di indagine nazionale. Inoltre, ha scritto, non conosciamo neanche l’effettiva distribuzione del Covid-19 per regione (si può guardare il dato dei morti, ma anche quello non è attendibile). Infine, gli esperti ignorano anche a quale “velocità” viaggi la pandemia, ovvero il “numero riproduttivo” del virus. “Nessuno può pensare di governare un’epidemia senza i dati di base della situazione”.