Come garantire allo stesso tempo sicurezza cibernetica e diritti alla privacy? È una delle domande che si pone l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) per introdurre un dossier di sette articoli dal titolo “Covid-19: sorveglianza, privacy e sicurezza cibernetica”, incentrato sulle sfide tecnologiche e di sicurezza digitale che il mondo sta affrontando nella “prima pandemia dell’era digitale”.
Tra gli argomenti trattati, l’Ispi approfondisce le problematiche di privacy e sicurezza legate ai dati sanitari, obiettivo privilegiato dal crimine informatico e al terzo posto nella graduatoria degli attacchi cibernetici del 2019, secondo una classifica realizzata dall’associazione di sicurezza Clusit. Si tratta di uno dei contesti più remunerativi per i cybercriminali, che mettono a disposizione nei principali black market mondiali i dati di pazienti e medici che possono essere poi utilizzati per molteplici attività illecite.
Il fenomeno sembra essersi intensificato durante la pandemia, con attacchi a ospedali di tutto il mondo più frequenti negli ultimi mesi. Le finalità dietro queste azioni, spesso condotte da gruppi mercenari per conto dei governi, sono di spionaggio, sabotaggio e auto-finanziamento attraverso crimini informatici. Ciò per avere vantaggi competitivi nei settori di ricerca, o per delegittimare le politiche di un Paese avversario per fronteggiare il Covid-19.
Per l’Ispi è necessario uno sforzo congiunto di agenzie governative, settore sanitario e aziende di cybersecurity per la condivisione di informazioni sugli attacchi digitali, implementando adeguate misure di sicurezza per incrementare la resilienza delle infrastrutture sanitarie. In questo modo è possibile garantire la protezione delle aziende sanitarie, soprattutto in un momento complicato causato dalla pandemia ancora in corso.