HomeCronaca “Ecologia e sostenibilità salvano imprese e ambiente”

"Ecologia e sostenibilità
ecco il futuro delle imprese
al tempo del Coronavirus"

Padre Giuseppe Buffon a Lumsanews

"Dobbiamo rifondare il nostro pensiero"

di Patrizio Ruviglioni26 Maggio 2020
26 Maggio 2020

«Con il Coronavirus, un’impresa ecologica, che coniughi sostenibilità e rispetto dei lavoratori, non è più solo una possibilità: è indispensabile». Padre Giuseppe Buffon insegna all’Antoniamun di Roma ed è uno degli ideatori del Progetto internazionale di economia integrale. Insieme a lui collaborano la Camera di Commercio di Taranto e un gruppo di imprenditori legati all’associazione Costellazione Apulia. Con un obiettivo: sulla scia dell’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ e del Sinodo per l’Amazzonia, pensare un’economia che possa tenere conto della sostenibilità. Formando i manager del futuro, ma partendo dai problemi delle imprese.

Però alla base del progetto c’è comunque formazione, vedo.

«Da subito abbiamo reso centrali le imprese, però. Il progetto nasce da una serie di seminari avvenuti dopo la Laudato si’, su cui riflettevamo sul futuro di economia e ambiente. Poi abbiamo conosciuto gli imprenditori dell’associazione Costellazione Apulia, che fra di loro esercitavano già una sorta di economia integrale, circolare. E da lì abbiamo chiesto costi e fattibilità di una visione differente e sostenibile dell’impresa. Su queste basi è arrivato questo diploma che, di fatto, è un percorso professionale vero e proprio, perché se un percorso del genere non è inserito all’interno delle aziende stesse non ha senso. Mi spiego: il punto è ripensare il ruolo delle università. Non è, infatti, l’accademia che deve stare al centro e dettare legge; ma l’impresa, che pone i suoi problemi agli accademici. Ergo: non più principi da applicare alla realtà, ma sentire chi ha le mani in pasta nella realtà e su ciò che dice creare percorsi didattici. In questo senso, abbiamo conosciuto imprenditori davvero visionari, cui siamo andati in contro. Basandoci su alcune linee guide».

Quali linee guida?

«Ci siamo chiesti quale sia l’ambiente su cui ora opera l’impresa: i vincoli di carattere sociale, quelli ambientali. E quale tipo di economia applicare, per rispettare questi limiti. Ora stiamo lavorando a una ‘licenza’, che è una sorta di laurea magistrale. E la domanda è: “Quale figura dovrebbe nascere per mettere in atto questi piani di ecologia integrale?”. Il percorso si chiama “La quinta stagione dell’impresa”, e oltre a formare imprenditori vuole formare anche manager: serviranno anche loro».

Ora c’è il Coronavirus.

«A livello scientifico, mi sembra scontato che il Covid-19 sia nato da uno stravolgimento degli ecosistemi. La biodiversità è stata abbattuta, e ciò ha consentito il passaggio dagli animali agli esseri umani. Ma questo è avvenuto a causa della concezione lineare dell’economia, propria di molti ambienti occidentali. Ecco: non deve sussistere più. L’avevamo già detto anche al tempo del Sinodo sull’Amazzonia: se proseguiamo con questo tipo di economia lineare, occidentale, perdiamo l’Amazzonia. E stare senza Amazzonia significa stare tre mesi senza bere e tre mesi senza respirare».

In questo senso, qual è il ruolo dell’Enciclica “Laudato si'” di Bergoglio?

«Il bello dell’Enciclica è che non dà soluzioni: pone solo delle sollecitazioni, promuove un processo. Le soluzioni vanno cercate tutti insieme. Il Coronavirus è l’ultimo degli avvenimenti: prima, appunto, c’erano l’Amazzonia, gli tsunami. Dobbiamo leggerli nella prospettiva di un cambiamento di pensiero: dell’economia, dell’uomo, della cultura. Non è solo riparare, mettere toppe; ma approfittare di un’emergenza per riformare la realtà. La comparsa del virus significa che quello che stavamo facendo finora va rivisto».

Sarà molto difficile, immagino.

«Io sono fiducioso: la rifondazione del pensiero, dopo il Coronavirus, è ancor più una necessità. Ormai è tanto tempo che parliamo di cambiamento, ma dipenderà da noi. Perché nella storia ci sono stati tanti passaggi che hanno richiesto un ripensamento, ma non dobbiamo farci ingannare da pigrizie, routine, certezze su cui ci siamo accomodati. Se sapremo stare fuori da questa sorta di inerzia, potremo aprire degli spiragli».

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