Il prezzo degli effetti del Coronavirus per l’economia è ancora più salato di quello che ci si aspettava. Il consumo energetico, usato come indicatore nei periodi di crisi, sta perdendo tra i 10 e i 15 punti percentuali. “Nel 1943, – scrive il Sole 24 Ore – l’anno in cui Pietro Badoglio lasciò in balìa dei nazisti e della repubblica di Salò l’Italia devastata dalla guerra e da vent’anni di tirannia, i consumi elettrici crollarono del 10%”. Il dato storico più tragico del secolo scorso. Ma la flessione in questa settimana ha già superato quella registrata nella seconda guerra mondiale. Sempre secondo il quotidiano economico, un termometro sensibile della “febbre energetica” è Terna, la Spa dell’alta tensione. L’inizio della parabola discendente è attribuito ai decreti del governo, a partire da quello dell’8 marzo, che hanno messo il nostro paese “in clausura”. I flussi di Terna si sono indeboliti nell’area più colpita, che è anche quella a maggiore densità industriale: la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna.
Un altro indicatore ancora più sensibile viene dalla Snam, la società che gestisce la distribuzione di metano. Non solo contribuisce alla produzione di energia elettrica, ma, essendo legato all’andamento della produzione, con le fabbriche chiuse vede crollare la domanda industriale di gas.
È ancora presto per tirare le somme sulle dinamiche dei consumi a livello annuale, ma certo è che una perdita del genere non si registrava da quasi un secolo. Il Coronavirus per gli effetti sull’economia è diventato sinonimo di una guerra mondiale.
I problemi non finiscono qui. Ref ricerche, la società indipendente che si occupa di proiezioni macroeconomiche e collabora con l’Ufficio parlamentare del bilancio, ha rivisto al ribasso la stima sulla contrazione del Pil italiano. Nei primi sei mesi, sempre a causa della diffusione del virus, si prevede un crollo dell’8% (a fronte del -3% indicato in precedenza). “L’impatto economico dell’epidemia aumenta – si legge nella nota del centro ricerche –. La chiusura delle attività durerà più a lungo e si sta estendendo a tutti i paesi occidentali. Ai blocchi produttivi di molte attività dei servizi”, come il turismo, la ristorazione, gli spettacoli, le manifestazioni sportive, i convegni e le conferenze, “si aggiunge la caduta dell’attività in diversi settori dell’industria con chiusure di impianti iniziate dalla scorsa settimana”.
Il primo trimestre, secondo il Ref, potrebbe chiudersi con una perdita del 3%. Mentre nel secondo si arriverebbe addirittura a un -5%. In totale, nei primi sei mesi dell’anno il nostro Pil potrebbe crollare di ben otto punti. Sarà possibile prevedere un “effetto rimbalzo”, cioè una ripresa dopo la caduta, a partire dal terzo trimestre. Però restano ancora grosse incognite perché nessuno è in grado di stimare la coda lunga degli effetti del Coronavirus. L’entità del recupero resta “incerta, perché legata all’evoluzione dell’epidemia e alle politiche economiche”. Però il Ref resta ottimista: “dopo alcuni tentennamenti iniziali, negli ultimi giorni sono aumentati gli sforzi delle banche centrali e dei governi. Ciò accorcia i tempi dell’uscita dalla crisi”.