Alla fine è arrivata un’altra stretta, l’ennesima, contro il Coronavirus da parte del Governo. Quella che, secondo il Corriere della sera, qualche ministro avrebbe commentato così: “Più di questo, c’è solo il coprifuoco”. Il nuovo decreto firmato ieri dal premier Giuseppe Conte mette in atto le restrizioni annunciate sabato notte in conferenza stampa. “Riduciamo il motore produttivo dell’Italia, ma non lo arrestiamo”, è lo slogan. Per effetto del provvedimento da oggi, fino al tre aprile, sono sospese le attività considerate non “essenziali”, che non erogano servizi di pubblica utilità. Su tutto il territorio.
Non solo: ci sono misure più drastiche per quanto riguarda gli spostamenti delle persone. Sempre da stamattina, infatti, è vietato uscire dal comune in cui attualmente ci si trova. Rientrare al proprio domicilio, insomma, non è più possibile, se non per comprovate esigenze lavorative, motivi di salute o urgenze varie.
Chi sospende le attività
A chiudere sono tutte le attività che, dopo il braccio di ferro fra imprese e il ministro dell’Economia Stefano Patuanelli, quest’ultimo non ha ritenuto “essenziali”. Quindi: dalle fabbriche di mezzi di trasporto a quelle dei mobili, dall’industria del tabacco a quella tessile e metallurgica. E poi: le attività sportive, ricreative, di intrattenimento e culturali, oltre a quelle di commercio di beni non di prima necessità.
Per le imprese che devono interrompere la produzione, comunque, sarà possibile completare le pratiche “necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020”. Fra queste, c’è scritto nel decreto, è “compresa la spedizione della merce in giacenza”.
Chi rimane aperto
Sono in tutto 80 i tipi di attività che, per la loro “pubblica utilità”, il decreto lascia aperte. Sono elencate nell’allegato uno al testo. In sintesi: studi legali, call center, servizi finanziari e assicurativi. E ancora: uffici postali, edicole, alberghi. Inoltre, sono in ogni caso consentiti produzione, trasporto, commercializzazione e consegna di farmaci, nonché di prodotti agricoli e alimentari. Oltre a qualsiasi altra attività utile “a fronteggiare l’emergenza” Coronavirus.