DUBAI – Al via oggi, 11 dicembre, il rush finale della Cop28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, cominciata il 30 novembre e che si concluderà domani.
Nonostante le numerose giornate di incontri e dibattiti tra i 197 Paesi, il nodo sulla progressiva uscita dai combustibili fossili rimane centrale. Comprensibile, visto che il Paese ospitante è uno dei maggiori produttori di greggio e il presidente della Conferenza è il petroliere Sultan Al Jaber. I propositi per mettere nero su bianco l’abbandono, graduale ma definitivo, di carbone, petrolio e gas sono sempre più concreti. La maggioranza dei Paesi vorrebbe, infatti, il “phase out” dai combustibili fossili. Ma non basta. Serve l’unanimità per raggiungere questo traguardo.
Tra i maggiori Paesi esportatori di petrolio, dopo l’Arabia Saudita ci sono anche Iran e Russia che sono contrari a una progressiva decarbonizzazione entro il 2050. Restano ormai 24 ore per trovare un accordo, dopo l’opinione negativa espressa dall’Opec, l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio. I 13 Paesi produttori, tra i quali Arabia Saudita, Iran, Iraq ed Emirati Arabi Uniti, negano qualunque possibilità per l’uscita dai combustibili fossili.
Tuttavia, secondo gli scienziati, la produzione di carbone, petrolio e gas è una delle cause principali alla base del riscaldamento globale. Serve un accordo comune e concreto per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi del 2015, ovvero contenere l’aumento della temperatura terrestre entro 1,5 gradi rispetto al 2100.
Intanto, a Dubai, si attende il testo finale che, secondo Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, deve riconoscere il bisogno di uscire da tutte le fonti fossili con un calendario coerente con il limite sottoscritto dall’Accordo di Parigi. “Phase out non vuol dire l’uscita allo stesso tempo di tutti i Paesi. L’importante è che sia compatibile con le emissioni zero al 2050 e in linea con gli 1,5 gradi di aumento della temperatura media globale”, ha fatto sapere Guterres. “Ci sono molti aspetti che devono essere in equilibrio, ci vuole il consenso delle parti”, ha aggiunto. Alcuni Paesi in via di sviluppo richiedono, infatti, più tempo per abbandonare l’utilizzo di combustibili.