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Convegno Internazionale sulla Grande Guerra: dal presunto inganno al neutralista Giolitti all’amicizia “possibile” tra Italia e Austria

di Stelio Fergola29 Maggio 2015
29 Maggio 2015

Mattina

Anni dopo la richiesta di un voto di fiducia che il presidente del consiglio interventista Antonio Salandra fece nel marzo 1915 al neutralista Giovanni Giolitti (in cambio di garanzie sulla prosecuzione della via diplomatica con l’Austria per ottenere Trentino e l’Istria) ci fu chi parlò apertamente di “inganno”. Primo fra tutti lo stesso statista piemontese, che, al termine del primo conflitto mondiale, rimarcò il fatto che proprio in quel mese iniziarono le trattative con le potenze dell’Intesa per concludere un’alleanza che avrebbe portato il Paese a entrare in guerra contro gli imperi centrali. Ma fu davvero così?

L’intervento italiano osservato dal punto di vista giolittiano è stato un tema importante della seconda giornata del Convegno Internazionale dedicato alla Grande Guerra del 1915-1918 (svoltasi a Roma, sala Verdi del vittoriano) e contenuto del primo intervento del professor Alberto Malfitano dell’Università di Bologna. L’inganno si potrebbe anche considerare una forzatura polemica di Giolitti. E la prima domanda che sorge spontanea è: un politico navigato come poteva non aspettarselo? “La garanzia di prosecuzione della diplomazia è già di per sè debole” dice Malfitano, aggiungendo poi che “le relazioni politiche di Giolitti, vicino ad uomini che incontravano Salandra tutti i giorni, rendono improbabile che l’ex presidente del consiglio non potesse neanche immaginare una futura dichiarazione di guerra dell’Italia contro gli Imperi centrali”.

Il ritratto pacifista di Giolitti, però, non è unanimemente accettato dagli studiosi. Basti citare l’intervento successivo di Luciano Monzali (Università di Bari) secondo cui “Giolitti era imperialista quanto Salandra e Sonnino: c’è maggiore continuità di quanto non si dica”. La revisione dei confini era, in effetti, un obiettivo tanto dei neutralisti che degli interventisti. “Ma i neutralisti facevano pesare di più la paura dell’Austria e di una sconfitta” aggiunge Monzali, per il quale anche la sopravvivenza dell’Impero austro-ungarico era ritenuta originariamente importante da una parte della classe dirigente italiana, come fattore di riequilibrio dell’emergente potenza tedesca nonché di quella russa. Oltre queste argomentazioni, la citazione di un discorsi di Minghetti risalente al 1872 che chiedeva a gran voce una collaborazione più stretta di Roma con Vienna: quello che, a tutti gli effetti, è stato il vero motivo per la firma della Triplice Alleanza.

L’excursus storiografico della mattinata accademica ha proceduto in linea di massima per vicende del passato, analizzando più profondamente lo studio delle relazioni tra l’Italia e l’Austria dell’epoca. Di rilievo l’intervento Franz Adlgasser dell’Università di Vienna, che descrive le difficili relazioni avute tra il ministro degli esteri austriaco Von Aerenthal e l’Italia, rappresentata in quegli anni da Antonino di Sangiuliano: Aerenthal è, infatti, ancora oggi ricordato per la sua ostilità a una guerra preventiva contro Roma che negli ambienti imperiali veniva presa in considerazione in seguito alle crescenti tensioni tra i due Paesi anche negli anni precedenti allo scoppio del conflitto.

Stelio Fergola

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