A pochi giorni dal suono della campanella, che segnerà il ritorno di milioni di bambini e ragazzi a scuola, i toni sul decreto vaccini rimangono accesi. Protagonisti della querelle sono ancora una volta il Governo e il Veneto. Dopo il ricorso alla Corte Costituzionale, la Regione ha introdotto con un decreto la moratoria per i bambini di nidi e materne: il termine ultimo per mettersi in regola sarà il 2019. Fino ad allora sarà possibile iscriversi, anche senza le profilassi necessarie.
“Non cerchiamo la rissa”, così il governatore Luca Zaia ha ribattuto alle polemiche della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che ha definito il decreto “un atto contro la legge”. “Ho soltanto chiesto ai miei di attenuare l’impatto del provvedimento del governo, per non vedere bimbi in strada lasciati fuori dagli asili nidi”, ha dichiarato Zaia, aggiungendo che “lo spazio di due anni prima di applicare la legge è previsto dalla legge”. Il governatore del Veneto è però pronto al passo indietro, se il governo “dimostrerà l’errore”.
Da Roma si lavora per presentare ricorso al Tar. “Devono rispettare la legge nazionale, i virus non seguono i confini regionali o le valutazioni poltiche” ha ribattuto la Lorenzin. Un’altra ipotesi sarebbe quella del commissariamento della Regione, giustificato dall’esistenza di un situazione di rischio per lo Stato.
Di diverso avviso Zaia, che rivendica la sanità in Veneto come “una delle migliori in Italia”. Il governatore paventa il rischio che l’obbligo possa ingrossare le file dei no vax. “Prima erano una piccola frangia, ora sono molti di più: cittadini che facevano il vaccino di default, oggi hanno dubbi, alimentati da questo dibattito.”
Intanto è retromarcia della Lombardia sulla proroga dell’obbligo vaccinale. Roberto Maroni chiude così il caso. E dall’Emilia arriva l’attacco verso il Veneto. “Decisione incomprensibile e immotivata, che lascia allibiti. Siamo al teatro dell’assurdo”, ha commentato l’assessore alla Salute Sergio Venturi.