Accoglierli, salvarli in mare, aiutarli “a casa loro” o fermare i flussi. Espressioni ricorrenti nel dibattito attuale della politica che pone molte domande ma quasi mai risposte sui costi. La cooperazione internazionale e la gestione del fenomeno migratorio richiedono un flusso di denaro pubblico che va composto accorpando i due settori. Openpolis, osservatorio civico della politica italiana, ha effettuato in merito uno studio molto dettagliato, da cui si ricava innanzitutto l’opacità dei dati pubblici.
I dati della spesa pubblica sono diffusi da due enti differenti: il ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che pubblica i rendiconti ufficiali dell’aiuto pubblico attraverso open aid; e il ministero dell’economia e delle finanze, con le stime di spesa per l’emergenza migranti pubblicate nel documento di economia e finanza 2017.
Analizzando le fonti di informazione, si stima un totale di 6,6 mld di euro spesi nel 2016 tra cooperazione e migranti, una cifra che a partire dal 2012 è aumentata del 75%. I fondi della cooperazione aumentano insieme al rispetto degli obiettivi sottoscritti in sede internazionale. Tuttavia una quota sempre più consistente di risorse rimane nei paesi donatori senza arrivare a destinazione.
Nel nostro paese l’impegno per la voce rifugiati è aumentato del 63,4% solo nell’ultimo anno, passando dai 960 milioni di euro del 2015 a 1 miliardo e 570 milioni del 2016. Nel 2015 costituiva il 24,3% della spesa di aiuto pubblico allo sviluppo, per arrivare al 35% nel 2016. Non esiste però un dato certo per sapere quanti di questi soldi italiani arrivano effettivamente ai paesi stranieri verso cui sono rivolti.
Inoltre l’intensificarsi del fenomeno migratorio verso l’Europa negli ultimi anni ha richiesto risorse aggiuntive e lo spostamento di budget a seconda del bisogno. Quello che resta però è il vuoto informativo e l’assenza di una chiara rendicontazione nell’uso dei fondi.
Ad esempio non è dato sapere come sia stato speso in Italia il miliardo e mezzo rendicontato alla voce “rifugiati nel paese donatore”, non è possibile seguire questi soldi “sul campo” e conoscerne l’uso dettagliato.
Oltre a un problema di trasparenza della spesa pubblica, emerge la mancanza di una visione unitaria sulla materia. La gestione finanziaria dell’immigrazione è frammentata tra capitoli di spesa imputati a ministeri diversi, ricostruire un quadro d’insieme è quindi al momento impossibile.