Il Conte Bis non ha ancora ottenuto la fiducia ma deve già fare i conti con un’opposizione organizzata, quella della Lega e di Fratelli d’Italia. L’anatomia dell’istante è il premier Giuseppe Conte che, chiedendo il voto ai suoi nuovi alleati alla Camera e promettendo “un lessico più consono e rispettoso”, viene sommerso dai fischi e dagli insulti della piazza antistante la Camera, animata dai suoi vecchi alleati e convocata contro il suo governo.
La manifestazione contro il Conte Bis, battezzata “in nome del popolo sovrano”, indetta da Giorgia Meloni e sposata da Matteo Salvini e Giovanni Toti, non ha certo mancato di chiarezza espositiva contro un governo definito a più riprese, da manifestanti e relatori sul palco, “abusivo” e “antidemocratico”. Esplicito pure il coro, usato come refrain e antidoto ai momenti morti tra un relatore e un altro: “Vogliamo votare, elezioni subito”.
Altrettanto plastica è anche la geografia politica che ne esce fuori: la vera opposizione all’esecutivo M5S-PD è sovranista e di destra. Con Forza Italia, che pure vota contro la fiducia al Conte Bis, ormai esclusa e attaccata esplicitamente dai vecchi alleati del fu centrodestra.
Il popolo convocato nella piazza di Montecitorio dai sovranisti contro il “patto della poltrona”, proveniente da tutta Italia, anche se principalmente dal centro-sud, si è riversato dal primo mattino nel centro di Roma come un serpentone di tifosi, pieno di tricolori e spillette, striscioni e cappellini da trasferta.
Un gruppo di uomini e donne vestiti con t-shirt unisex con la scritta “Patriota” su sfondo blu attaccavano il Pd “cacciato dalla porta e rientrato dalla finestra”, criticavano Mattarella “perché non ci fa votare” e chiamavano in causa Bruxelles e l’Europa, “che ci vuole servi”.
Nella calca sbandierante il tricolore e intonante cori poco gentili verso la nuova “coppia di fatto” Renzi-Di Maio, spiccava un uomo in total black sfoggiante un grande crocifisso: “Sono un vescovo della chiesa nazionale ortodossa italiana, patriottica e d’ispirazione templare”. Lui chiama in causa direttamente quel “cattocomunista di papa Francesco” e manifesta contro un governo “immigrazionista e pro Islam”.
Mentre sul palco l’europarlamentare leghista Antonio Maria Rinaldi attacca la Commissione Europea, amica di questo esecutivo “col cappello in mano”, si affaccia il presidente della Liguria Giovanni Toti, ex forzista che ha sposato il sovranismo di Salvini e Meloni. Sono loro due a chiudere la kermesse, attaccando i “poltronari chiusi nel palazzo” e invocando la restituzione della parola alla “volontà popolare”. Cioè un voto anticipato da riscuotere insieme.