Il blocco dei contratti dei dipendenti pubblici, stabilito nel 2010, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. “Il congelamento in sé non è illegittimo ma le proroghe rivelano un’intollerabile tendenza alla stabilizzazione” con queste motivazioni la Consulta ha di fatto fermato il blocco ai contratti della pubblica amministrazione. Il punto focale però è proprio la mancanza dell’’illegittimità’ o, se vogliamo, la legittimità del provvedimento che nel 2010 fu preso dal governo Berlusconi con il decreto legge 78/2010 targato Giulio Tremonti. La manovra correttiva prevedeva il congelamento degli stipendi nel pubblico impiego per il triennio 2011-2013 ma fu poi prorogata da tutti i governi che si sono succeduti in questo quinquennio. La Corte Costituzionale quindi legittima quel provvedimento (in quanto strettamente legata a un’emergenza economico-finanziaria) ma pone un veto sulle proroghe, ritenute incostituzionali per la loro tendenza alla ‘stabilizzazione’. Questo stratagemma permette ai conti pubblici italiani di risparmiare circa 35 miliardi di euro, l’importo che sarebbe andato a rimpolpare gli stipendi della pubblica amministrazione dal 2010 a oggi. Ma la sentenza della Consulta avrà in ogni caso effetti sulle finanze nostrane. Infatti anche se lo stop al blocco degli stipendi pubblici è scattato da ieri la nuova spesa da calcolare è di 1,7 miliardi per il 2016 per arrivare ad un cumulato di 6,6 miliardi nel 2018.
Adesso quindi il governo sarà costretto a riaprire un negoziato con i sindacati per il rinnovo del triennio 2016-2018 sulla base dell’indice di inflazione che è dell’1% nel 2016, dell’1,9% nel 2017 e dell’1,8% nel 2018. Pronti a dare battaglia Cigl, Cisl e Uil, con quest’ultima che già attacca il governo parlando di “sentenza politica da parte della Corte Costituzionale che salva Renzi dall’ennesima batosta dopo quella sulle pensioni”.
In realtà non è la prima volta che la Consulta interviene su un provvedimento contenuto nel Def stilato dal governo per il 2015. La sentenza di ieri arriva dopo quella sul blocco dello scatto inflazionistico delle pensioni e dopo quella sulla Robin Tax, l’incremento dell’imposta sul reddito delle società per il settore dell’energia e del petrolio, ritenuti entrambi provvedimenti incostituzionali e che hanno costretto l’esecutivo a rivedere i propri piani finanziari.
Intanto il governo non ha commentato la sentenza della Consulta. L’unico commento è arrivato da Enrico Zanetti, sottosegretario all’Economia: “Il blocco degli stipendi nella pubblica amministrazione era una norma che non ci è mai piaciuta, perché è un taglio lineare per eccellenza – ha dichiarato il deputato di Scelta Civica – ora che la Corte ha tolto questa facile scappatoia tutta la politica dovrà accettare di confrontarsi con la sfida di una vera spending review”.
Mario Di Ciommo