Si prospetta un gennaio rovente per la politica italiana: l’11 gennaio la Corte Costituzionale dovrà decidere per l’ammissibilità del referendum abrogativo sul Jobs Act, punto di forza del governo Renzi. Mentre il 24 la Suprema Corte sarà chiamata a pronunciarsi in un giudizio di costituzionalità sull’Italicum.
Contro il Jobs Act la CGIL ha proposto tre quesiti referendari: il ripristino del reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa; l’eliminazione dei voucher; la responsabilità e il controllo sugli appalti. Le maggiori incertezze si concentrano sull’ammissibilità del primo quesito, poiché non si limita a ripristinare l’articolo 18 nella versione ante riforma, ma chiede il reintegro sul posto di lavoro anche per le aziende sopra i 5 dipendenti. Secondo alcuni commentatori questa formulazione rischia di essere ritenuta inammissibile poiché non solo abrogherebbe una norma ma ne creerebbe una nuova al contempo.
Se i tre quesiti saranno considerati ammissibili, verrà ripristinato il reintegro per i licenziamenti illegittimi ed esteso alle imprese con più di cinque dipendenti; verrà eliminata la possibilità di utilizzare i voucher per pagare il lavoro accessorio e infine, la ditta appaltante e la ditta appaltatrice saranno entrambe responsabili dei danni subiti dal lavoratore.
Il secondo appuntamento molto atteso è il giudizio sull’Italicum. Tra le questioni ammesse dalla Corte le più discusse riguardano il premio di maggioranza, i capolista bloccati e il meccanismo di trasferimento dei seggi. Rispetto al premio di maggioranza, in fase di approvazione dell’italicum, era stata inserita la soglia del 40% per accedere al premio di maggioranza, e il ballottaggio nel caso in cui nessuno raggiungesse quella quota.
Ora viene però contestata l’assenza di un quorum minimo di votanti, senza il quale, secondo i ricorrenti, una minoranza molto ristretta di elettori garantirebbe a una lista una maggioranza di seggi troppo sproporzionata rispetto ai voti ricevuti. Rispetto al sistema dei capolista bloccati invece i ricorrenti contestano che “la stragrande maggioranza dei deputati verrà automaticamente eletta senza essere passata attraverso il vaglio preferenziale degli elettori”.