Il modello di controllo prevalente delle società quotate è quello familiare e si registra un sensibile aumento della percentuale di donne nei Consigli di Amministrazione. È quanto emerge dal rapporto annuale della Consob sulla Corporate Governance delle società italiane quotate in Borsa.
Il modello familiare risulta essere presente in circa 145 società. Lo Stato è inoltre azionista di riferimento in 23 imprese di dimensioni elevate, circa il 34% della capitalizzazione di mercato. Nelle società controllate dallo Stato o da un istituto finanziario, i manager sono tendenzialmente più giovani e istruiti della media. Fra i dati messi in evidenza spicca inoltre un consistente aumento delle presenze durante le assemblee di grandi società quotate in borsa, probabilmente legate alle battaglie in seno alla Telecom, tra la francese Vivendi e il fondo Elliot.
Massimi storici per quanto riguarda la percentuale di donne nei cda delle società quotate italiane, che a giugno 2018 era del 36%, per un totale di 809. Nel 2010 infatti le donne rappresentavano solo il 6,8%. La presenza di donne risulta più importante nelle grandi aziende e nel settore dei servizi. In calo però il numero di amministratrici delegate: erano 13 nel 2013, sono salite a 16 nel 2015 e a 17 nel 2017.
Sempre dal rapporto diffuso dalla Consob emerge che, alla fine del 2017, 177 delle 231 società quotate erano controllate da un singolo azionista, 22 imprese (circa il 19%) la direzione era affidata a più azionisti aderenti a un patto parasociale. Dati in calo rispetto al 2010, quando erano 181 le prime e 51 le seconde. La quota media detenuta dal principale azionista è pari al 47,7% e in media il mercato detiene una quota di capitale del 40%. Rispetto al 2010 si rileva poi una riduzione della presenza di investitori istituzionali italiani, cui si contrappone invece l’aumento della presenza di quelli esteri.
Per quanto riguarda l’età degli amministratori, la media è di 57 anni, con i consiglieri più anziani delle società Ftse Mib e del settore finanziario (58 anni) e quelli più giovani nelle società di minori dimensioni (55 anni). La presenza di stranieri rimane bassa: 10% nelle grandi aziende e 5% nel settore finanziario.