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Congresso l’8 dicembre e statuto immutato: fallisce il tentativo in assemblea Pd di arginare Renzi

di Fabio Grazzini23 Settembre 2013
23 Settembre 2013

RenziSu una compagine governativa fragile come quella attuale, che registra sempre negativamente scosse e instabilità, l’assemblea del Pd di sabato ha rischiato di generare ulteriori contraccolpi negativi. Dopo aver infatti approvato le nuove regole proposte dalla Commissione per il Congresso (378 sì, 74 no e 24 astenuti), le tensioni interne al partito si sono palesate in forma di scontro sulle modifiche allo statuto derivanti dalle norme poco prima accettate. Fonte di divergenza, in particolare, la cancellazione dell’automatismo tra i ruoli di segretario e candidato premier.

Dalla sintonia al contrasto. Le regole congressuali su cui si è trovato un accordo hanno intanto permesso di tratteggiare una sorta di road-map che porterà all’elezione del nuovo segretario: l’8 dicembre si riunirà il Congresso che eleggerà il successore di Guglielmo Epifani, il 27 settembre la Direzione nazionale approverà il regolamento finale, mentre l’11 ottobre scadranno i termini per presentare le candidature. Un’intesa iniziale intorbidita però dalla spaccatura legata allo statuto, che ha fatto capo a due correnti, quella di Matteo Renzi (fiancheggiata da Rosi Bindi e Pippo Civati) e quella di Bersani. La prima ha sostenuto la necessità di lasciare immutato lo statuto, senza effettuare correzioni contra-personam, in questo caso Renzi, sempre più lanciato verso la segreteria democratica. La seconda, fedele a Letta e preoccupata di non metterlo in difficoltà con la designazione di un segretario attratto da Palazzo Chigi e interessato a logorare il suo attuale inquilino, si è invece schierata a favore della scissione dei due ruoli.
La controversia si è quindi praticamente sviluppata sull’opportunità o meno di votare per parti separate le modifiche dello statuto, una procedura interessata esclusivamente al punto in questione, fondamentale nell’indebolire Renzi e a puntellare Letta.

L’insolubilità dello scontro e l’intervento di Epifani. Uno scontro che ha portato all’inevitabile conclusione anticipata dei lavori e alla proposta della Commissione di mettere da parte qualsivoglia ritocco allo statuto: «Sulle modifiche statutarie – ha dichiarato Epifani – è subentrato un problema attorno a quei nodi che si sono palesati. La commissione propone quindi di ritirare le modifiche allo statuto e di concentrarci d’ora in poi solo sulle regole approvate. Il percorso nell’ambito del regolamento che è stato votato – ha aggiunto – resta fermo e andrà in Direzione per le procedure necessarie per il congresso. La Direzione ha i poteri per quanto riguarda il percorso e in Direzione si proseguirà sulla base di queste scelte».
Sconsolato il commento di Bersani, il quale ha ammesso: «Oggi non ha vinto nessuno. A questo punto spetterà alla direzione vedere come conciliare le nuove regole del congresso con il vecchio statuto». Più interessato invece a dare stoccate ai diretti concorrenti che a commentare l’esito dell’assemblea, Renzi ha invece dichiarato: «Mi rivolgo a Enrico Letta, che va sostenuto, ma dire che sullo sforamento del deficit-Pil “compito del governo è farsi carico di un problema che deriva dall’instabilità politica” è ingiusto. È antipolitica. Infatti in politica nessuno si prende mai la colpa».


Fabio Grazzini

 

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