Nel suo rapporto di giugno sugli scenari industriali, il Centro Studi di Confindustria lancia l’allarme: l’industria italiana non cresce, anzi arretra. Il Bel Paese sta, infatti, perdendo posizioni nella classifica mondiale della produzione manifatturiera. Un salto indietro di tre posizioni. Nel 2007 l’Italia si posizionava al quinto posto, nel 2011 è scesa all’ottavo. Prima classificata ancora la Cina, con una quota del 21%, ormai da tre anni. La seguono gli Stati Uniti, Giappone, Germania e al quinto posto ora troviamo la Coreadel Sud, sesto il Brasile, settima l’India. La quota di produzione italiana è scesa dal 4,5 al 3,3 % tra il 2007 e il 2011, ma anche la situazione complessiva dell’eurozona è peggiorata, passando dal 27,1 al 21 %.
Siamo ancora nel bel mezzo della più grave recessione degli ultimi ottanta anni. La contrazione dell’attività industriale è stata del 22,1% tra l’aprile 2008 (punto di massimo) e il marzo del 2009 (punto di minimo). Nell’arco di questi tre anni, abbiamo avuto tre diverse fasi. La prima ha visto una leggera crescita dell’11,5 % fino all’estate del2010 in tutti i settori industriali. E’ succeduta una fase di stagnazione fino alla primavera del 2011, per poi tornare ad una recessione che, fino al maggio del 2012, ha portato una contrazione del 7,0%.
Ma la situazione non sembra evolversi in maniera positiva, L’Inps fa sapere che le ore di cassa integrazione del mese di maggio, rapportate allo stesso mese del 2011, sono aumentate del 2,7 %. Inoltre anche il marchio Made in Italy, non è esente da colpi. La moda, settore di esportazione per eccellenza, nel decennio 1991/2011 è drasticamente sceso dal 21,5% al 13, 9% delle esportazioni.
Una nota positiva, invece, arriva dal settore tecnologico: sempre secondo il CSC, nonostante «la débacle di computer ed elettrodomestici, i prodotti con maggiore intensità tecnologica ed economica di scala sono saliti dal 60,8% al 66,9%».
La recessione industriale è influenzata anche dai alcuni mali tutti italiani come, ad esempio, i tempi di pagamento della pubblica amministrazione che si sono allungati fino a raggiungere i 180 giorni, dai 128 del 2009.
Inoltre, il terremoto in Emilia dello scorso 20 maggio, «ha colpito un’area di altissima vocazione manifatturiera e cruciale per lo sviluppo industriale del paese, rendendolo, se possibile, ancora più impegnativo». Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, parlando del sisma avverte «potrebbe esserci un stop produttivo di 4-6 mesi, con una perdita per l’Italia di qualche frazione di Pil».
Francesca Ascoli