Giorgio Cuzzelli, generale di brigata dell’Esercito Italiano in congedo e attuale docente e consulente nel campo della sicurezza internazionale, spiega a Lumsanews quali sono cause e scenari futuri sul conflitto tra Russia e Ucraina.
Come pensa che siano cambiati gli equilibri con i referendum nelle zone occupate e mobilitazione parziale militare? Potrebbero esserci nuovi spiragli per delle trattative?
“Assolutamente no. Sono due mosse che tendono a congelare la situazione. I referendum puntano a sancire formalmente l’annessione alla Federazione russa e quindi al loro rientro automatico al principio della difesa nazionale. In quanto territori nazionali, un’aggressione o anche una controffensiva ucraina viene considerata come un attacco contro il territorio nazionale russo e quindi tutti i mezzi possono essere utilizzati per assicurarne l’integrità. La mobilitazione invece, dal punto di vista pratico, dimostra che Putin è consapevole che le forze originariamente destinate al compito non sono più sufficienti. Dal punto di vista dell’opinione pubblica interna, invece, questa è una mossa inspiegabile perché lui ha sempre puntato al consenso: l’obiettivo era quello di non far sentire questa guerra alla nazione, come se fosse una semplice operazione di pulizia coloniale”.
Cosa cambia adesso il consenso di Putin con queste ultime manifestazioni di protesta?
“Adesso il discorso del consenso cambia ma è da capire quanto queste manifestazioni possano effettivamente mettere in pericolo la tenuta degli assetti di potere attuali a Mosca. Da parte occidentale vi è una serie di desideri inespressi e si sta compiendo anche una guerra di comunicazione, che è forse la più importante. Su questa si gioca una parte consistente del consenso che a sua volta consente di proseguire lo sforzo bellico. Tuttavia è un’illusione occidentale che attraverso l’informazione si possano decidere le sorti dei conflitti”.
Qualche giorno fa il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitrij Medvedev, ha riaperto la questione delle armi nucleari. Quanto è consistente il pericolo?
“La questione delle armi nucleari ha poca rilevanza aldilà dell’aspetto propagandistico. A livello dei rapporti internazionali i russi sono stati sempre degli interlocutori perfettamente razionali e assoluti assertori della dissuasione del tabù nucleare. Verosimilmente quindi non utilizzeranno mai le armi nucleari per primi perché sanno a cosa andrebbero incontro. Nello stesso tempo però vogliono essere considerati come dei pari soprattutto dalla potenza di riferimento, gli Stati Uniti, che loro considerano impropriamente egemonica e alla quale si oppongono. Per questo agitano lo spettro delle armi nucleari. Non c’è nessun senso pratico”.
A livello militare ora la Russia chiuderà la questione del Donbass dopo i referendum? Come si collocherà l’Ucraina nello scacchiere internazionale?
“La guerra secondo me è destinata a proseguire e a cristallizzarsi perché è interesse di Putin congelare questo conflitto come ha fatto con tutti gli altri ai confini russi. Questi conflitti rimangono allo stato latente e toccano pochissimo i russi ma solo gli Stati vicini. È evidente che finché dura questa guerra, l’Ucraina non entrerà mai nella Nato e neanche nell’Unione europea. Rimarrà in un limbo”.
Da cosa nasce l’esigenza della Russia ad attaccare preventivamente?
“I russi hanno nel sangue il terrore delle invasioni, perché storicamente sono stati invasi più volte e perché non hanno frontiere geografiche: la Russia ha soltanto grandi pianure e grandi fiumi e quindi si sente naturalmente minacciata. Per questo cerca sempre di portare strategicamente le proprie frontiere più avanti possibile per “fare cuscinetto” tra il suo cuore pulsante e il mondo esterno”.