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HomeCronaca Nuovo colpo per Cosa Nostra, Caccia ai fiancheggiatori del boss Messina Denaro

Nuovo colpo per Cosa Nostra
Caccia ai fiancheggiatori
del boss Messina Denaro

Dall'alba sono in corso perquisizioni

nella zona di Castelvetrano e nei comuni

di Luisa Urbani14 Dicembre 2017
14 Dicembre 2017

L'identikit del boss latitante Matteo Messina Denaro mostrato ai giornalisti dalla polizia di Stato in una foto datata 15 marzo 2010. ANSA/FRANCO LANNINO/DBA

È caccia al boss mafioso Matteo Messina Denaro, l’ultimo padrino di Cosa nostra ancora in libertà. Dall’alba di questa mattina, duecento agenti della Squadra Mobile di Palermo e del Servizio Centrale Operativo, coordinati dalla DDA, stanno effettuando decine di perquisizioni nella zona di Castelvetrano (TP), paese del boss, e nei comuni vicini. Le perquisizioni sono in corso nelle abitazioni, nei magazzini e nelle masserie di una trentina di fiancheggiatori del latitante, per i quali si profila il reato di procurata inosservanza della pena aggravato dall’agevolazione mafiosa. Le indagini per la cattura del superlatitante sono coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido.

Quello di questa mattina è l’ennesimo colpo messo in atto per fare “terra bruciata” intorno all’ultimo padrino di Cosa nostra. Dopo la morte di Riina, Cosa nostra, a parte Denaro, non ha figure carismatiche riconosciute e neppure una cupola, l’organismo di vertice in grado di governare l’organizzazione mafiosa.  Quello di Messina Denaro, quindi, è il primo nome che viene subito accostato alla fase di preparazione alla successione. Il superlatitante sembrerebbe un candidato quotato: appartiene a una generazione più giovane e conosce bene i meccanismi decisionali dell’organizzazione.

Matteo Messina Denaro, annoverato dall’Europol nel 2016 tra i latitanti più pericolosi d’Europa, è in fuga dal 2 giugno 1993, quando fu raggiunto da un mandato di cattura per le stragi di Roma e Firenze. Considerato da molti un fantasma, è l’unico a non essere finito nella rete della giustizia dopo la cattura di Totò Riina e di Bernardo Provenzano. Di lui non si hanno nemmeno foto segnaletiche né impronte digitali.

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