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COLOSSI IN SVENDITA 2 / Per alimentare e moda Italia terra di conquista

di Domenico Mussolino25 Settembre 2013
25 Settembre 2013

lvmhÈ tempo di mercato aperto. E l’Italia diventa terra di conquista per le imprese straniere. Telecom e Alitalia sono solo gli ultimi casi rilevanti. Sono in corso questi giorni le trattative per la vendita di “Ansaldo energia” da parte di Finmeccanica ai coreani di Doosan. Ma è tutto il Made in Italy ad essere allettante per gli investitori esteri.
Gli stranieri in Italia. Uno dei settori più ambiti è quello alimentare. I cioccolatini Pernigotti sono stati ceduti a luglio dai Fratelli Averna ai turchi Toksoz. La Unilever, multinazionale anglo-olandese proprietaria dell’Algida, ha acquisito l’olio d’oliva Bertolli (poi ceduto alla spagnola Sos Cuetara, che già controlla Carapelli e Sasso). La francese Lactalis ha acquistato la Parmalat e i marchi Galbani e Invernizzi, Cademartori, Locatelli e Président; la Nestlé è proprietaria di Buitoni e San Pellegrino, Perugina, Motta, l’Antica Gelateria del Corso e la Valle degli Orti; i sudafricani di SABMiller hanno acquisito la Peroni; l’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard, ha comprato Gancia; i pelati AR sono finiti addirittura nelle mani di una controllata dalla giapponese Mitsubishi. Anche Fiorucci è stata acquisita da una società giapponese, la Edwin International.
Ma è la moda l’eccellenza che più attira investitori stranieri. La holding francese Luis Vuitton Moet Hennessy (Lvmh) ha rilevato a luglio, per 2 miliardi di euro, l’80% della griffe del cachemire Loro Piana. D’altronde Lvmh già includeva marchi italiani come Bulgari, Fendi e Pucci. Gucci e Pomellato sono invece sotto il controllo di Kering, ex Ppr, antagonista storico di Lvmh che fa capo alla famiglia di François Henri Pinault, che controlla anche Dodo, Bottega Veneta, Brioni e Sergio Rossi. Il marchio Gianfranco Ferrè è stato ceduto al Paris Group di Dubai, che fa capo al magnate Abdulkader Sankari. Valentino dal 2007 è nelle mani della britannica Permira.
Le acquisizioni italiane all’estero. Ma le possibilità di acquisizioni all’estero si aprono anche per le imprese italiane. Proprio la Spagna è il terreno di conquista preferito per i nostri connazionali. Gli investimenti italiani nel paese iberico sono arrivati nel 2007 a 18mila milioni di euro. Il caso più significativo è stato sicuramente l’acquisto da parte di Enel della prima compagnia elettrica spagnola, la Endesa.
La Barilla ha comprato la francese Harry’s e la svedese Wasa, la Luxottica ha comprato l’americana Ray-Ban. L’azienda farmaceutica Diasorin di Vicenza ha comprato l’americana Abbot Laboratories, la romana Sigma Tau ha acquistato la statunitense Enzon Pharmaceuticals. Interpump, azienda leader nella tecnologia, ha assimilato nel corso degli anni 20 marchi, realizzando l’80% del fatturato all’estero, con vendite in 60 paesi.
E va bene comunque anche il settore dei motori. Ducati e Mv Augusta sono tornati italiani. Senza parlare del caso più clamoroso della Fiat, primo azionista della Chrysler: oggi è al 53,5%, ma l’obiettivo è salire al 58,5% entro la fine dell’anno.
Il rapporto fra le acquisizioni straniere in Italia e quelle italiane all’estero, secondo uno studio commissionato dal Corriere della Sera e pubblicato lo scorso 5 agosto, è però di due a uno. Ogni due miliardi in acquisizioni fatte da aziende straniere in Italia, un miliardo viene investito dalle nostre per espandersi oltreconfine.
Non sembra facile invertire la tendenza, soprattutto perché il tessuto delle imprese italiane è rappresentato da piccole aziende, mentre i gruppi maggiori sono in gran parte controllati dallo stato. Più che le operazioni internazionali, il nodo da risolvere è la pianificazione di una seria politica industriale, ancora arretrata nel nostro Paese.

Domenico Mussolino

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