Lle misure adottate per contenere la diffusione del coronavirus stanno mettendo in crisi interi settori del sistema produttivo italiano e indebolendo molte categorie di lavoratori. Il governo, con il decreto Cura Italia, ha comunque stanziato fondi e preso provvedimenti per evitare una crisi sociale nel Paese, fornendo un paracadute di garanzie e tutele per le categorie di lavoratori più esposte al rischio di non percepire lo stipendio in questo periodo di serrata.
C’è anche chi, però, è rimasto fuori da questa rete protettiva e ora rischia di cadere nel baratro senza poter godere di un sistema di welfare in grado di sostenerlo. Il caso, per esempio, è quello di colf e badanti che operano senza un regolare contratto di lavoro. La paura del contagio e, in alcuni casi, l’improvvisa mancanza di fondi, hanno spinto molte famiglie a licenziare i collaboratori domestici, spesso anche immigrati irregolari, lasciandoli così oltre che privi diritti, anche senza la copertura economica necessaria per la sopravvivenza.
Un problema che preoccupa e che spinge l’Associazione cristiana dei lavoratori a chiedere un intervento da parte del governo: “È il momento di fare un censimento, con l’aiuto delle regioni e dei comuni, di tutto l’esercito di colf e badanti irregolari nel nostro paese e di aiutarli, anche con delle misure di sostegno alle famiglie, ad entrare nel mercato regolare”, sostiene la segretaria nazionale di Acli colf Giamaica Puntillo. “In questo momento storico i lavoratori domestici costituiscono quella rete di assistenza domiciliare quanto mai necessaria per contenere il contagio: queste lavoratrici e le famiglie che a loro si appoggiano vanno aiutate proprio per mettere in sicurezza i nostri anziani”, rimarca Puntillo, ponendo l’attenzione proprio sul ruolo sociale svolto dai collaboratori domestici. La sindacalista propone di adottare il metodo utilizzato dal governo portoghese per affrontare il problema: “Hanno deciso di regolarizzare i migranti fino al primo luglio, trattandoli come residenti e consentendo loro di accedere a tutti i servizi sanitari”. E in un momento in cui la spesa pubblica aumenta, “sarebbe, tra le altre cose, anche un modo per togliere dal sommerso milioni di euro che in questo momento di crisi farebbero certamente comodo alle casse statali”, conclude Puntillo.