Sono ore decisive per le sorti del giornalismo freelance in Italia. Continua oggi la trattativa sul contratto nazionale di lavoro giornalistico intrapresa dalla Federazione italiana editori giornali (Fieg) con la Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi).
Il 19 giugno le due parti hanno firmato l’accordo per “favorire l’ampliamento del mercato del lavoro nel settore editoriale e l’ingresso di giovani professionisti qualificati anche nel campo dei nuovi media”. Nella riunione, presieduta dal sottosegretario all’Editoria Luca Lotti, sono state varate le tabelle delle “tariffe minime” per il lavoro giornalistico, mediante la delibera della Commissione per la valutazione dell’Equo compenso (istituita ai sensi dell’art. 2 comma 1 della legge n. 233/2012) e la decisione (approvata da Governo, ministero del Lavoro, ministero dello Sviluppo economico, Fnsi, Inpgi e Fieg) ha incontrato la dura opposizione dell’Ordine dei giornalisti, dell’Associazione stampa romana e della rete dei freelance italiani che ha già in programma una manifestazione di protesta nella Capitale.
Un “accordo truffa”. La delibera stabilisce un compenso minimo di 250 euro ad articolo per i mensili, 67 per i periodici, 20,80 euro per i quotidiani, 6,25 euro per un lancio di agenzia o per una segnalazione sul web. “Ora non sarà più possibile agli editori pagare 5 euro al massimo a pezzo. Ora si starà stabilmente 3 volte sopra questa soglia”, ha dichiarato con soddisfazione l’Fnsi. Ma la trappola è appena dietro l’angolo. L’accordo precisa che “gli articoli devono avere ‘almeno’ 1.600 battute e devono essere ‘pubblicati’”. Ciò significa che un articolo più breve potrebbe non essere affatto pagato. Inoltre, stando ancora al testo della delibera, il lavoro giornalistico autonomo (e quindi, in sostanza, il precariato) è ora riconosciuto per legge sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa (c.d. CoCoCo), la quale, nell’ottica della Commissione, impedirebbe agli editori di “mascherare” i redattori abusivi, ma in realtà non fa altro che penalizzare ulteriormente una categoria già profondamente in difficoltà (pari al 60% dei giornalisti oggi attivi in Italia), incentivandone lo sfruttamento a costi sempre più bassi.
Le voci della protesta. “E’ un accordo che ‘legalizza lo schiavismo in redazione’”: così ha commentato il Comitato di redazione del Tg5, lanciando una petizione su change.org (già firmata da 800 persone) per chiedere un congresso straordinario della Fnsi. “Non è affatto la tutela del ‘lavoro autonomo’ – scrive il Cdr – ma è la legalizzazione dello schiavismo e la tutela di attività non giornalistiche. Non si sopravvive facendo questo mestiere con 250 euro lordi al mese”.
Pronta anche sulla home page di Puntoeacapo una “diffida formale all’Fnsi a non firmare alcun rinnovo del Contratto di lavoro con la Federazione italiana editori (Fieg)”. Della stessa posizione è l’Associazione stampa romana. “Tali modifiche rappresentano un pericolo, così come l’accordo sul lavoro autonomo e l’Equo Compenso, per l’esistenza stessa della categoria e della professione – ha dichiarato Paolo Butturini, segretario Asr – realizzandone la definitiva precarizzazione e rendendola totalmente subalterna al volere degli editori”.
Alessandra Aurilia