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HomeSport “Non c’è il clima adatto per un boicottaggio. La Fifa doveva intervenire”

"Non c'è il clima adatto
per un boicottaggio
La Fifa doveva intervenire"

Riccardo Cucchi spiega come i Mondiali

dovrebbero sensibilizzare sui diritti

di Valerio Albertini31 Gennaio 2022
31 Gennaio 2022

Riccardo Cucchi, giornalista e voce di Tutto il calcio minuto per minuto per 23 anni, è presidente della giuria del premio “Sport e diritti umani”, indetto da Amnesty International Italia e Sport4Society per riconoscere gesti simbolici o concreti in favore dei diritti umani nell’ambiente sportivo. A Lumsanews ha indicato il ruolo che i Mondiali in Qatar dovrebbero avere nella sensibilizzazione del tema.

I dati sulle morti dei lavoratori in Qatar e le loro condizioni sono ormai di dominio pubblico. Perché la Fifa non è ancora intervenuta? Cosa dovrebbe fare per cambiare le cose?

“Credo che sia impossibile chiedere alla Fifa di fare un passo indietro. Il dato drammatico sulle morti provocate dalla costruzione degli stadi è ormai a disposizione di tutti, anche se dal Qatar si continua a nasconderlo, a correggerlo, a diminuirne i numeri e la portata. Si tratta di un dato che era preoccupante e drammatico già molti anni fa. Sarebbe stato quello il momento di intervenire, il momento nel quale la Fifa, il mondo dello sport e la comunità internazionale avrebbero dovuto chiedere al Qatar di tutelare la sicurezza dei lavoratori. Invece questi vengono utilizzati come manodopera a bassissimo costo, con diritti calpestati soprattutto dal punto di vista umano. Hanno lavorato a temperature impossibili per realizzare gli stadi e sono stati costretti a tour de force sotto il sole. Tutto questo avrebbe dovuto interessare già molti anni fa la Fifa, che avrebbe dovuto sensibilizzare in maniera molto più profonda l’intera comunità internazionale sul tema”.

Con i Mondiali il calcio ha l’opportunità di far conoscere al mondo la situazione dei diritti umani in Qatar. Quale sarebbe il modo giusto per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema?

“Sarebbe sempre il momento di denunciare la violazione dei diritti. Il grande tema e problema è quello legato alla capacità che ha il mondo dello sport professionistico, e quello del calcio in particolare, di tener vivi i valori che devono sempre ispirare chi fa sport anche quando si tratta di atleti miliardari, che non dovrebbero essere mai dimenticati. Purtroppo l’affarismo e il giro vorticoso di milioni di dollari stanno calpestando questi valori”.

Si attende delle prese di posizione forti da parte delle Nazionali o dei singoli calciatori?

“Non so cosa succederà. Io vorrei che ogni singola nazionale scendesse in campo con la consapevolezza di giocare all’interno di stadi per i quali sono morte tante persone. Vorrei che la visibilità dei calciatori diventasse un elemento per dire no a chi viola i diritti. Del resto se il Qatar ha voluto il Mondiale è per dare credibilità alla sua esistenza di Stato moderno, mentre potremo utilizzare la visibilità per poter dire a tutto il mondo che non si può costruire uno stadio su migliaia di morti. Mi auguro che non passi tutto sotto silenzio, che durante quel periodo ci sia la capacità anche da parte dei giornalisti di raccontare che cosa è successo e di onorare le morti di questi uomini sconosciuti, di cui non sapremo mai nemmeno nome e cognome”.

Negli ultimi mesi alcune nazionali, soprattutto scandinave, hanno paventato un boicottaggio dei Mondiali per sensibilizzare sulle condizioni dei lavoratori in Qatar. Crede sia uno scenario plausibile? Un boicottaggio sarebbe utile o controproducente?

“Il boicottaggio è impossibile. Non c’è il clima giusto e credo che non sarebbe compreso nemmeno dagli appassionati di calcio, quindi sarebbe controproducente. Lo sport verrebbe indicato come un terreno politicizzato. Spesso si confonde la difesa dei diritti, che nulla ha a che fare con la politica, con la politica stessa. Io mi auguro, però, che questa grande ribalta planetaria sia l’occasione perché qualcuno possa squarciare il velo che nasconde la verità e possa raccontare cos’è successo, ma soprattutto vorrei che il mondo dello sport, pur rimanendo fedele ai suoi principi anche di natura economica, non dimenticasse mai che ci sono dei valori da portare avanti. Sono convinto che un atleta debba essere sempre portatore di valori, non soltanto quando prende a calci un pallone, ma soprattutto quando indossa la maglia di un Paese”.

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