Manca solo la surreale A.T.A.C. – “Associazione Teologica Amici Cristo” improvvisata da Carlo Verdone nel celebre film Acqua e Sapone: per il resto gli ordini e le congregazioni religiose (quelle vere!) di Roma e del mondo sono ampiamente rappresentate nell’ottava edizione della Clericus Cup, il torneo di calcio riservato a sacerdoti e seminaristi cattolici – organizzato dal Centro Sportivo Italiano in collaborazione con l’ufficio CEI per il Tempo libero ed il Pontificio Consiglio per la Cultura – che si svolgerà all’ombra del Cupolone di San Pietro dall’8 marzo al 24 maggio prossimi.
Il regolamento. Le 16 squadre partecipanti sono state divise in quattro gironi da quattro. Le partite si svolgeranno in tre week-end di marzo. Al termine, le otto qualificate disputeranno i quarti di finale e poi le semifinali, fino alla finale del 24 maggio. Ben 358 i giocatori che scenderanno in campo, appartenenti a 60 nazionalità. Tra questi spiccano alcuni veterani, tra cui Santiago Cucino, l’unico ad aver disputato tutte le edizioni precedenti, e, nel ruolo di centrocampista, don Juan Iniesta, lontano parente del più noto Andrés, fuoriclasse della Spagna campione del mondo e d’Europa in carica.
I due Albertini. Chi invece può vantare davvero legami di sangue con il mondo del calcio è don Alessio Albertini, consulente del Centro Sportivo Italiano, che questa mattina ha presentato l’edizione 2014 della Clericus Cup alla presenza del suo più celebre fratello Demetrio, ex calciatore della nazionale ed oggi vicepresidente della Federazione Italiana Gioco Calcio. Entrambi hanno ricordato la loro gioventù in oratorio e sottolineato l’importanza dello sport nella crescita dei giovani, sia dal punto di vista personale che strettamente religioso. Del resto – è stato ricordato – padre Pino Puglisi è stato ucciso anche per questo, «perché con il suo centro sportivo parrocchiale toglieva i ragazzi dalla strada e li proteggeva dal pericolo della mafia». La stessa cosa – hanno sottolineato più volte gli organizzatori – stanno facendo oggi molti ex giocatori della Clericus dopo essere rientrati nei loro Paesi d’origine o nelle loro parrocchie sparse per l’Italia.
Lo “sponsor” unico. Quest’anno tutte le squadre sfoggeranno sul petto delle loro coloratissime divise la scritta “Il mio capitano è Papa Francesco”, in omaggio al pontefice-tifoso di calcio, ma soprattutto al Papa che, poco dopo la sua elezione, chiese «Pregate per me, perché possa portare avanti la partita nella squadra in cui il Signore mi ha messo» e che ripete in continuazione che «dalle sconfitte ci si può rialzare», perché «non esistono vite di serie B».
Il fair-pray. Molte le analogie, ma molte anche le differenze rispetto al calcio tradizionale: le squadre sono sempre composte da 11 giocatori, ma i due tempi misurano soltanto 30’ (anziché 45’, data la minore preparazione atletica dei giocatori non professionisti), durante i quali sono possibili i time-out, mentre le espulsioni durano solo cinque minuti e vengono effettuate mediante uno speciale cartellino azzurro. Soprattutto, però, alla fine del match si svolge un “terzo tempo” del tutto peculiare, denominato scherzosamente fair-pray: i giocatori delle due squadre si riuniscono a bordo campo per abbracciarsi e pregare insieme.
L’albo d’oro e le squadre. Le ultime due edizioni del torneo sono state vinte dalla squadra del collegio statunitense North American Martyrs, ma nell’albo d’oro della competizione è ancora al comando la Redemptoris Mater – il seminario pontificio neocatecumenale – che ha vinto tre delle prime quattro edizioni: dal 2007 al 2010, ad eccezione del 2008 quando trionfò la Mater Ecclesiae (una squadra mista sudamericana). Una vittoria anche per l’Università Gregoriana, che alzò il trofeo nel 2011.
Di Alessandro Testa