Gli amici lo chiamavano il “Conte Tacchia”, dal nome del protagonista del film con Enrico Montesano. Claudio Giardiello, di origini beneventane, aveva appena compiuto 57 anni e risiedeva a Brugherio. Nei dintorni gestiva diverse società del settore immobiliare, ma negli ultimi tempi si era trovato in gravi guai finanziari, sfociati in numerose cause giudiziarie.
“Una persona sopra le righe, ingestibile come cliente”, lo definisce ora un suo ex legale, Valerio Maraniello. “Pensava che tutti lo volessero fregare, era un paranoide”. Un ritratto simile a quello che emerge dalle parole di Alessandro Brambilla Pisoni, zio di una delle vittime, l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani: anche quest’ultimo aveva smesso di seguire Giardiello per colpa di un carattere difficile (“Aveva cominciato a combinare disastri”, spiega Brambilla Pisoni) e doveva testimoniare contro di lui nel processo per bancarotta fraudolenta. Una testa calda, insomma, l’imprenditore Giardiello, che aveva litigato spesso con i suoi soci e aveva più volte minacciato di morte anche il suo stesso nipote, quel Davide Limongelli che poi ha colpito ripetutamente al ventre con la sua pistola.
I suoi problemi con l’Immobiliare Magenta srl sono iniziati da un contenzioso con la Cisep Spa, con cui attraverso la sua società condivideva una partecipazione nella Miani immobiliari. Con i soci era nata una lite per la contabilità occulta della partecipata e un giro di affari in nero. L’Immobiliare Magenta era fallita nel 2008. “Volevo vendicarmi di chi mi ha rovinato”, ha detto Giardiello alle forze dell’ordine che l’hanno arrestato a Vimercate.
Anna Bigano