Dopo l’addio del maestro Riccardo Muti, il teatro dell’Opera di Roma cambia musica. A partire dal 31 dicembre, infatti, l’orchestra e il coro (184 dipendenti su 460 totali) del più importante teatro della Capitale, saranno licenziati in massa. Potranno però continuare a lavorare fornendo un servizio esterno al teatro, tempio della lirica. Ma per il sindaco Ignazio Marino (socio della fondazione), tra i più decisi a prendere il provvedimento di licenziamento: “L’esternalizzazione dell’orchestra e del coro e l’avvio della procedura di licenziamento collettivo” sono l’unico modo di tappare la tremenda falla economica provocata dalla scelta del direttore d’orchestra.
Licenziamenti collettivi, ma niente paura. Da gennaio tutti i musicisti del coro e dell’orchestra potrebbero tornare a lavorare per il teatro, ma con un nuovo status. Secondo il nuovo piano presentato da Carlo Fuortes all’amministrazione dell’Opera, infatti, i musicisti dovranno creare un’associazione o una cooperativa ed offrire un servizio da esterni al teatro, e verranno retribuiti sulla base di contratti stagionali. “È una decisione dura – ha commentato il soprintendente Fuortes – ma pensiamo possa sventare la chiusura”. E anche Simona Marchini, membro del Cda, ha commentato positivamente la proposta dopo aver votato per il sì:“È stato un trauma, ma è l’unico modo per dare una prospettiva a questo ente”.
Il 2013 non è stata affatto una stagione facile. Cominciata con le lotte sindacali e gli scioperi durante la programmazione estiva alle Terme di Caracalla, la stagione del 2013 non è stata di certo tutta rose e fiori. Ma la stoccata finale è arrivata qualche settimana fa con la missiva di Riccardo Muti. L’annuncio del direttore d’orchestra di abbandonare la direzione de L’Aida e Le nozze di Figaro, in programma da novembre fino a maggio, ha fatto definitivamente tremare l’immagine (e non solo) del teatro dell’Opera.
Il bilancio. “Il messaggio del maestro Muti ha determinato la frenata degli abbonamenti e la fuga degli sponsor – ha dichiarato il sindaco Ignazio Marino – A questo punto ci troviamo con una differenza di entrate che può essere calcolata in 4,2 milioni. I risparmi che si prevedono con il licenziamento collettivo sono pari a 3,4 milioni di euro”. Da qualche settimana, infatti, quattro sponsor hanno deciso di non investire più sulla lirica, e avrebbero fatto così perdere al teatro dell’Opera contratti da un milione di euro ciascuno. A risentirne sono stati, ovviamente, anche gli abbonamenti. E i soci della fondazione (il ministro Franceschini, il governatore Zingaretti e il sindaco Marino), a quel punto, non hanno avuto altra scelta se non quella di esternalizzare il servizio fornito da cantanti e musicisti.
Come in Europa. Ma il progetto di Fuortes non suona nuovo in Europa. Capitali prestigiose come Madrid, Berlino, Londra e Parigi adottano già da anni questo stesso metodo. Così i teatri più importanti del continente si risparmiano il problema di dover stabilire il prezzo dei servizi di coro e orchestra (pagando un fisso stabilito), e non dovendosi sottomettere al ricatto dello sciopero. “I musicisti se vorranno, potranno, come avvenuto da altre parti, dare vita a un’orchestra nuova, basata su relazioni trasparenti, sulla qualità e sull’innesto di giovani talenti, che punti a ricostruire con il Teatro un nuovo e diverso rapporto” è il commento del ministro della Cultura Dario Franceschini sul nuovo progetto appena approvato.
Ma lo show deve andare avanti. Fino a gennaio resterà, dunque, tutto uguale. Nei prossimi giorni i sindacalisti si riuniranno intorno al tavolo di discussione con gli addetti della Regione e del ministero della Cultura per decidere sul da farsi, e nel frattempo coristi e orchestrali continueranno a far parte integrante dello staff del teatro dell’Opera. Gli spettacoli andranno comunque in scena, anche se resta ancora qualche dubbio sulle opere rimaste orfane del direttore Muti: L’Aida e Le nozze di Figaro.
Flavia Testorio