Crisi senza fine. Potrebbe essere il titolo di un film e invece è la dura realtà. Una triste realtà che tocca uno dei più famosi luoghi “produttori” di sogni: gli studi di Cinecittà. A mali estremi, estremi rimedi. La protesta degli operatori cinematografici con la finta nevicata al Colosseo è stata solo l’ultima di una serie di proteste. Passando davanti gli studi di via Tuscolana troviamo un presidio fisso all’entrata e una serie di striscioni all’ingresso dove campeggia la scritta “Cinecittà Okkupata”, più altri messaggi contro Luigi Abete e gli altri privati che vogliono smantellare il complesso cinematografico.Un po’ di storia. I problemi nascono nel 2009: drastico calo dei dipendenti, che arrivano intorno alle centocinquanta unità, calo delle produzioni, che si spostano all’estero per ridurre i costi, e studi che sempre più vengono utilizzati per produzioni televisive, da giochi a premi ai reality. Di cinema, però, neanche a parlarne. Così per risollevare la situazione si era pensato alla costruzione di un parco a tema nelle vicinanze di Castel Romano, mai realizzato. Vagliata anche la possibilità di un ampliamento degli studios: 150 mila metri cubi di nuove strutture e la creazione “Distretto del Cinema e del Multimediale” con altri 240 mila metri cubi di edifici.
La situazione precipita. Nessuna delle ipotesi paventate si è mai realizzata. La società Cinecittà Studios – che aveva rilevato le strutture nel 1998 e in cui figurano imprenditori come Luigi Abete, Diego Della Valle e anche un addetto ai lavori come Aurelio De Laurentis – ipotizza la riqualificazione dell’area con lo spostamento di alcune strutture a Castel Romano e la costruzione, nell’area di via Tuscolana, di alberghi e centri benessere. Questo ha scatenato le proteste di operatori e addetti ai lavori che, spalleggiati dai sindacati, hanno iniziato una serie di scioperi e iniziative di protesta quali l’occupazione degli studi e una nevicata straordinaria al Colosseo. Il messaggio: «la chiusura di Cinecittà è come la neve d’estate». La situazione ha portato l’Anac, Associazione Nazionale Autori Cinematografici, a inviare un appello al Presidente della Repubblica per evitare lo smembramento di uno dei simboli del rilancio italiano nel dopoguerra.
Quale futuro. Le ultime agitazioni non favoriscono una risoluzione della vicenda: il ministro dei Beni Culturali, Lorenzo Ornaghi, aveva promesso di mediare tra le parti a patto che fossero cessate le iniziative di protesta. Un appello finito nel vuoto. La lotta continua e siamo ben lontani da vedere la fine del tunnel.
Domenico Cavazzino