La Cina ha approvato la riforma del sistema elettorale di Hong Kong. Una manovra che permette a Pechino di avere il controllo sulle elezioni, riducendo drasticamente la rappresentanza democratica nella città.
Ci saranno meno seggi a elezione diretta, che passeranno da 35 attuali a 20. Verrebbe eliminata anche la rappresentanza dei 117 consiglieri distrettuali, fino ad ora nelle mani dell’opposizione democratica per circa il 90% dopo il voto del 2019. A quanto si apprende anche i sei seggi dei consigli distrettuali presenti in parlamento verrebbero cancellati, eliminando l’unica istituzione completamente democratica della città. Inoltre un comitato di fiducia si occuperà di selezionare e monitorare i candidati destinati alle cariche pubbliche per evitare quelle “scappatoie e carenze” che, secondo Pechino, minacciano la sicurezza nazionale. L’unico delegato della città al parlamento cinese ha riferito che gli emendamenti alla mini-Costituzione di Hong Kong (Basic Law) “sono stati approvati all’unanimità da 167 membri del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo”.
Solo i “patrioti” dovranno governare Hong Kong. In questo modo Pechino persegue l’obiettivo di consolidare la sua autorità sull’ex colonia britannica. Nel giugno 2020 aveva imposto la contestata legge sulla sicurezza nazionale che punisce gli atti di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere. Un tentativo di sedare le proteste contro il governo cinese. A seguito di questa normativa si sono susseguiti numerosi arresti, la maggior parte di esponenti dell’opposizione. L’ultima retata lo scorso gennaio ha provocato l’arresto di circa 50 persone per “sovvertimento del potere statale”. Ma ora la protesta sembra davvero sul punto di cedere.