In un anno la borsa cinese ha raddoppiato il proprio valore, facendo segnare la sua più lunga cavalcata di sempre. Peccato che siano bastate sole tre settimane per far perdere il 30% del valore acquisito, pari a circa 2800 miliardi di dollari. La tendenza è alquanto allarmante e soprattutto non accenna ad attenuarsi. I listini di Shanghai e Shenzhen continuano a bruciare la propria capitalizzazione e, al momento, i tentativi del governo di Pechino di porre un freno alla fuga di investitori hanno avuto scarso esito.
Per questo, stando a quanto afferma Securities Association of China, i principali broker cinesi, tra cui Citic Securities, hanno costituito un fondo da 120 miliardi di yuan (circa 19,3 miliardi di dollari) per investire nel mercato azionario e cercare di arginare il crollo dei listini cinesi.
Ma il nuovo fondo dovrebbe avere solo l’effetto di un palliativo durando “non più di un’ora in un mercato che ha raggiunto i 2mila miliardi di scambi giornalieri” ha dichiarato Hao Hong, Equity strategist per la Cina alla Bocom International di Hong Kong.
La costituzione del fondo fa seguito ai vani tentativi delle istituzioni di Pechino di porre un freno al crollo verticale che sta colpendo i mercati azionari cinesi.
Dieci giorni fa la banca centrale cinese ha tagliato i tassi di interesse per la quarta volta da novembre, abbassandoli dello 0,25%, e ha ridotto i requisiti di capitale per alcune banche. Mentre mercoledì scorso sono state allentate le regole sulla possibilità per gli investitori di operare a debito (con la possibilità di usare anche la casa per accedere ai prestiti dei broker) e sono state ridotte le commissioni di trading. E la scorsa settimana è intervenuta anche la Consob cinese che ha avviato un’indagine su una sospetta manipolazione di mercato, focalizzando gli accertamenti sulle vendite allo scoperto.
Saranno necessari alcuni giorni in ogni caso per capire se si tratti di una frenata fisiologica dopo una lunga corsa, durata più di un anno, o se si è di fronte a una bolla vera e propria, che a quel punto avrebbe proporzioni mastodontiche, rapportate a un paese che è un gigante che dà 11,3 trilioni di beni e servizi. La speculazione continua a impazzare, creando un abisso tra mercato azionario ed economia reale. Il rischio è che non si riesca a fermare questa emorragia e se così fosse le turbolenze create dalla crisi greca avranno tutto l’aspetto di essere solo un minuscolo prologo alla tempesta perfetta che potrebbe colpire i mercati.
Mario Di Ciommo