Donald Trump continua ad essere al centro delle polemiche a causa delle linee guida dettate dalla sua amministrazione in nome del “Make America Great Again”. Per la terza volta è stato bocciato il suo “Muslim ban” , che vorrebbe inibire l’entrata negli Stati Uniti alle persone provenienti da sette stati musulmani (Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen), stavolta ad opera della Corte d’Appello. “Ci vediamo alla Corte (Suprema)”, cinguetta lo stesso Trump dal suo profilo personale su Twitter.
Eppure anche la Corte Suprema degli Stati Uniti potrebbe essere l’ennesimo colpo contro la Casa Bianca: in attesa infatti che venga approvata dal Senato americano la nomina del trumpiano Neil Gorsuch come nono giudice della stessa Corte, la decisione appena votata rimarrebbe valida, ed il bando sospeso.
Sulla questione poi è intervenuto, negli scorsi giorni, l’Ayatollah iraniano Khamenei, che ha commentato: “Ovviamente, siamo grati al Signor neoarrivato – le sue parole alla AP verso Trump – dato che ha mostrato la vera faccia degli Stati Uniti”.
Nella notte italiana poi c’è stato un nuovo segnale di apertura, a livello di istituzioni internazionali: dopo le innumerevoli attestazioni di reciproca stima con il presidente della Confederazione Russa, Vladimir Putin, stavolta è il turno del Presidente della Repubblica Cinese, Xi Jinping. Trump, prima di entrare ufficialmente in carica, nello scorso dicembre ha accettato di conversare telefonicamente con la Presidente di Taiwan Tsai Ing-wen. La stessa Tsai, che dal suo insediamento lotta per la scissione di Formosa dalla Cina, deve registrare il cambio di rotta americano: e così The Donald chiama il suo omologo cinese, si scambiano (in ritardo) gli auguri per il capodanno lunare e, su richiesta di Xi Jinping, riconosce “One China”. Una sola Cina, che è quella comunista di Pechino. Il tutto viene riportato in un telegrafico comunicato dalla Casa Bianca.
Dentro i confini americani però non si respira la stessa aria distesa che (sembra) respirarsi nelle alte sfere della politica internazionale: come se non bastassero le polemiche sul Super Bowl, vinto poi dai New England Patriots, già 4 atleti della franchigia di football hanno dichiarato che declineranno l’invito a Washington inviato dal Presidente. Con la performance di Lady Gaga ed i classici spot dell’evento che sono stati tutti indirizzati verso la fratellanza e posizioni opposte a quelle di Trump (memorabili gli spot di AirBnb e della impresa edile 84 Lumber), adesso anche gli ex Marines si scontrano con The Donald.
La CNN infatti riporta che l’associazione Veterans-Stand si schiera apertamente contro l’oleodotto Dakota, bloccato dall’amministrazione Obama e riavviato da quella Trump. Tramite una campagna social, l’associazione veterani sta racimolando fondi per i volontari che si sono stabiliti nel campo di protesta del Nord Dakota, al fianco delle tribù indiane dei Sioux, che vedranno passare l’infrastruttura proprio nella loro riserva.