Epo in microdosi, ormoni per la crescita e antidolorifici a base di oppiacei. La Polizia ha eseguito una serie di arresti per doping nei confronti dei dirigenti di una delle maggiori squadre dilettanti di ciclismo in Italia. Secondo l’accusa, ad incoraggiare gli atleti, molti dei quali giovanissimi, era lo stesso presidente del team. L’uomo è ora sottoposto agli arresti domiciliari, così come altri quattro membri dello staff, tra cui l’ex direttore sportivo e un farmacista, che avrebbe rifornito i ciclisti dei farmaci senza alcuna prescrizione medica. Associazione a delinquere finalizzata al doping è l’accusa da parte dei Pm. Oltre agli arresti, ci sono altre 17 persone indagate nell’ambito dell’inchiesta della procura lucchese.
Le indagini antidoping, condotte dagli uomini della squadra mobile di Lucca e dal Servizio centrale operativo, hanno preso avvio dalla misteriosa morte di Linas Rumsas, 21 anni, dilettante e figlio dell’ex ciclista professionista lituano Raimondas, trovato senza vita nella sua abitazione il 2 maggio scorso. Al momento, non sono stati accertati legami specifici tra il decesso del giovane e gli arresti avvenuti oggi. L’indagine sulla famiglia Rumsas e sullo staff della squadra tuttavia, “ha fatto luce sulle pratiche dopanti a cui erano abitualmente sottoposti i ciclisti, incoraggiati e favoriti, nell’assunzione di sostanze proibite, dal direttore sportivo e dal proprietario del team”, ha spiegato la Polizia. Perquisita oggi anche l’abitazione del padre del giovane ciclista scomparso e del fratello maggiore, sottoposto ai test anti-doping qualche tempo fa, di ritorno da un’importante competizione sportiva. Il ragazzo, risultato positivo ad un potente ormone per la crescita, è stato denunciato per frode sportiva e sospeso dalle gare agonistiche per quattro anni.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la somministrazione dei farmaci, prima della morte di Linas, sarebbe avvenuta durante il ritiro della squadra a Capannori, a circa cento chilometri da Lucca. Oltre a ricostruire le fasi relative all’approvvigionamento e all’assunzione di prodotti dopanti, l’indagine ha svelato l’esistenza di un vero e proprio sodalizio finalizzato ad agevolare le pratiche illegali.