Oggi sono 101 giorni che il sipario dei teatri non viene alzato e che i cinema non proiettano film per il pubblico pagante a causa del Covid. Ma i direttori e gli esponenti dello spettacolo non ci stanno più e chiedono soluzioni per tornare a lavorare. “Adesso basta – dice la regista siciliana Emma Dante – non può essere tutto così vago, vogliamo avere una data per ripartire. I teatri non possono essere gli unici luoghi chiusi, le città sono tornate alla normalità. La cultura è un bene necessario almeno quanto i maglioncini esposti sugli scaffali” dei negozi di abbigliamento.
Sul tema della sicurezza il teatro è pronto da tempo: sanificazione delle sale, ingressi contingentati, distanziamento in sala, obbligo della mascherina, ticket online. “Un protocollo che funziona più al teatro e al cinema che in giro per i centri commerciali o in coda davanti ai negozi per i saldi – dice la direttrice del teatro stabile di Catania Laura Sicignano – Un sistema più vicino semmai a quello in atto per affrontare una visita medica. Siamo stati abbandonati. È incomprensibile e umiliante. Se il problema è il coprifuoco siamo pronti ad adeguarci anche a quello cambiando gli orari degli spettacoli”.
Ad avvilire maggiormente una delle categorie più trascurate dai diversi Dpcm che si sono susseguiti in questi mesi è l’assoluta mancanza di un piano specifico. Il timore maggiore sarebbe quindi l’assenza di un preavviso di riapertura dato il ritorno di molte regioni al colore giallo. Quando la pratica e il lavoro dello spettacolo dal vivo richiede tempo e preparazione fisica, emotiva e mentale per riattivarsi. Ciò che viene preteso dal mondo dello spettacolo, dallo scoppio della pandemia, è un coinvolgimento da parte delle istituzioni nella discussione di una progettualità che includa anche cinema e teatri.