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per le riforme
rischiamo l’instabilità”

Ceccanti: “Non c’è più tempo
per le riforme
rischiamo l’instabilità”

di Marco Assab07 Dicembre 2016
07 Dicembre 2016

L’esito del referendum costituzionale apre scenari ancora poco chiari e prevedibili. Il Presidente della Repubblica ha al momento “congelato” le dimissioni del governo, sottolineando come ci siano delle scadenze da rispettare, legge di stabilità in primis. Ma con due leggi elettorali diverse per i due rami del parlamento, Italicum alla Camera e Consultellum al Senato, andare al voto adesso comporterebbe, con ogni probabilità, una seria difficoltà a formare una maggioranza stabile. Riguardo il delicato passaggio politico-istituzionale che stiamo vivendo, abbiamo rivolto alcune domande al professor Stefano Ceccanti, costituzionalista e già senatore del Partito Democratico durante la XVI legislatura.

Professore riforme costituzionali in questo senso saranno ancora possibili? E se sì, in che modo e con quali tempi?

«Noi ora abbiamo una legislatura sostanzialmente morta, che non potrà produrre granché. Quindi che si possano fare riforme costituzionali in questa legislatura mi sembra impossibile. Nella prossima avremo due Camere che danno la fiducia al governo, entrambe elette con il proporzionale, e un parlamento frammentato. Quindi sarà già un problema formare un governo.»

A proposito di questo, con Italicum alla Camera e Consultellum al Senato, da più parti si evidenzia come andare ad elezioni ora comporterebbe la difficoltà a formare una maggioranza stabile. Che tradotto significa: ingovernabilità, instabilità, forse un altro governo di larghe intese e tensione sui mercati. Come usciamo da questo rebus?

«Con il voto referendario abbiamo scelto di non avere maggioranze stabili. Nel senso che con il doppio rapporto fiduciario, con una legge proporzionale al Senato ed una spinta a proporzionalizzare anche quella alla Camera, tutto è rimandato a eventuali intese post-elettorali in un Parlamento frammentato. Se le forze politiche avranno la forza di fare questo ci sarà un governo, altrimenti voteremo a ripetizione. Vedremo.»

Se si volesse modificare il Consultellum, quale sarebbe a suo parere il modo migliore?

«Io ho dei dubbi molto forti che si possa, in questo parlamento, trovare un accordo per fare modifiche significative al Consultellum. L’unica cosa che si deve fare è una norma di raccordo che dica che per le preferenze si utilizzano le norme vigenti per la Camera, in quanto compatibili. Ma non mi sembra che esistano delle premesse politiche per fare altri cambiamenti sul Consultellum.»

I giovani, gli under 35, si sono espressi in maggioranza per il No. Come mai a suo parere la fascia più giovane della popolazione, quella tendenzialmente più propensa ai cambiamenti, quella che guarda al futuro, ha optato per un voto conservativo?

«Ci sono due motivi: uno sociale ed uno politico. Riguardo quello sociale, questa è una fascia generazionale che pensa che vivrà peggio dei propri genitori e in qualche modo scarica questa responsabilità sul governo in carica. Quanto al motivo politico, queste sono fasce dove il voto del M5S è molto più forte. Dunque c’è stato un voto in coerenza con quelle scelte politiche. Poi si può pensare che questo possa essere un “boomerang”, in quanto questo tipo di scelte costruiscono governi più deboli che forse saranno in grado ancora meno di rispondere a queste esigenze.»

Il fronte del Sì ha commesso, a suo parere, degli errori nel presentare questa riforma agli italiani?

«Le analisi del voto convergono sul fatto che non è stato un voto nel merito, ma un voto sul governo. Va tenuto conto della protesta sociale e del voto degli elettori coerente con gli orientamenti di voto. Per cui i due schieramenti politici su tre che erano contrari hanno avuto una sostanziale conferma, soprattutto il M5S, da parte dei propri elettori. Idem per lo schieramento che era favorevole. Questi sono i rapporti di forza tra i partiti nel Paese. Casomai il problema si è posto a partire dall’elezione di Mattarella, quando Berlusconi ha reagito, si è sfilato dall’intesa costituzionale, e si è trainato anche i suoi elettori contro una riforma che pure aveva condiviso.»

Dando uno sguardo al fronte interno al Pd, quali sono a suo parere gli scenari che si prospettano? Dobbiamo attenderci scissioni? O prevarrà senso di responsabilità e unità?

«Questo non è al momento prevedibile. Immagino ci sarà un passaggio sotto forma di primarie e lì ci sarà un test della forza reciproca delle varie componenti.»

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