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“Catalogna, il prossimo Stato d’Europa”: un milione e mezzo di catalani scende in piazza per invocare l’indipendenza

di Giulia Di Stefano12 Settembre 2013
12 Settembre 2013

catalogna2Un fiume in piena, giallo rosso e blu, ha invaso ieri le strade delle città catalane. Circa 400 km di catena umana al grido di “Catalogna indipendente”: la Diada, festa che commemora la caduta di Barcellona sotto il controllo delle truppe borboniche l’11 settembre 1714, nella guerra di Sucessione spagnola, è stata l’occasione anche quest’anno per richiedere a gran voce, al governo centrale di Mariano Rajoy, un referendum per scegliere le sorti della propria regione. Le manifestazioni si sono tenute in diverse città della Catalogna, fino a raggiungere i due estremi nord e sud della comunità autonoma, dal confine francese fino a Tarragona. Il centro dell’iniziativa, comunque, è stato il capoluogo: a Barcellona si sono tenuti i discorsi di diversi funzionari della Generalitat, il parlamento catalano.

Le richieste del popolo catalano. Un referendum entro i prossimi mesi, per lasciare la scelta ai cittadini sull’indipendenza. Secondo un recente sondaggio realizzato dalla radio Cadena Ser, l’ 80,5% degli intervistati sarebbe a favore della consultazione popolare, anche se fosse dichiarata incostituzionale dal governo centrale spagnolo; il 52% di catalani, poi, voterebbe a favore della secessione o quantomeno della realizzazione di un accordo fiscale simile a quello che Madrid ha concesso ai Paesi Baschi. Perché il nocciolo della questione sarebbe proprio questo, il rapporto – giudicato iniquo dallo stesso Artus Mas, presidente della Generalitat – tra Barcellona e Madrid in materia di tasse e finanziamenti. “La Catalogna riceve ora meno investimenti pubblici pro capite di più della metà di tutte le altre regioni spagnole – ha spiegato Mas in un’intervista di ieri al New York Times – nonostante il grosso peso del nostro contributo fiscale sul bilancio complessivo del Paese”. Ampie concessioni autonomistiche in materia culturale e linguistica, difatti, sono state ottenute dal popolo catalano fin dai primi anni dopo la liberazione dalla dittatura franchista: la nuova Costituzione spagnola del 1978 riconfermò infatti alla Catalogna le libertà acquisite, soprattutto per l’insegnamento del catalano nelle scuole e per la formazione di un parlamento regionale autonomo, oggi guidato dal partito conservatore “Covergenza e Unione” di Mas, che ha fatto della questione secessionista uno dei suoi cavalli di battaglia vedi video “Chi sogna la Catlogna”.

Una questione irrisolta da anni. Il nuovo Statuto sulle autonomie proposto dalla Generalitat catalana nel 2005, è stato approvato da Madrid nel 2006 con l’emendamento, però, di alcuni punti chiave in materia fiscale. Tale versione emendata dello Statuto, accolta dai catalani in via referendaria e con molta delusione nel giugno dello stesso anno, fu oggetto due anni fa di ulteriore riscrittura da parte della Corte Costituzionale spagnola. Il dialogo tra Barcellona e Madrid sembra non funzionare, a detta di Mas e compagni, e il malcontento nella regione cresce di anno in anno e in maniera esponenziale data la crisi economica che sta strozzando il Paese intero. I discorsi tenuti dai politici della Generalitat nel corso della manifestazione di ieri, hanno portato come esempi da seguire l’atteggiamento del Canada nei confronti del Quebec e del Regno Unito verso la Scozia, che nel 2014 potrà decidere del proprio futuro indipendentista con un referendum.

Giulia Di Stefano

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